Le parole che ciascuno vorrebbe sentirsi dire: evviva la gioia, sarai felice, allegro, sarai esaudito. Oppure: la vita rifiorisce sempre, ti basta essere qui, adesso, coglier l’istante. No, no, la gioia è imponderabile, innanzitutto non dipende da una specifica realizzazione, da una determinata conquista. Come se non bastasse, essere qui, concentrati sul presente o altrove ha un’importanza del tutto relativa. Con tutto ciò non intendo confutare uno dei capisaldi della meditazione, ossia la necessità di essere attenti e consapevoli, ma sottolineare che – in qualunque situazione ci si trovi – la gioia, come peraltro l’amore, sono fattori inerenti al proprio “centro” più intimo, all’essenza. Il cosiddetto nuovo è, dunque, solo il flusso e riflusso delle parvenze.
Meditare sul nuovo
Il tempo che scandisce
le ipotesi di vita
ti coglie impreparato
ad accettar davvero
il tuo presente, il nuovo.
Sìcché, come fai sempre, ti riduci
a procedere innanzi – benché lento –
e nonostante o tuo malgrado gli anni
– che però non hai – quasi adagio,
senza sapere che significhi fermarsi,
senza conoscere almeno un po’ te stesso.
Hai visto? La co-meta ti è sfuggita,
la cercavi nei cieli siderali
mentre era qui, tra le pieghe del presente,
nell’intimo segreto che si chiama “centro”.
Chiudi i tuoi occhi,
giacché la stella eterna
ti prenderà per mano per condurti
verso la nuova vita che silente
si ripresenta quatta, ma felice
per ridarti la vittoria che da sempre
è un tuo diritto poiché nato
tra la gioia di chi ti ha accolto
e mai odiato.