Il segreto per risolvere l’enigma esistenziale più problematico che sia mai stato formulato dai pensatori – perditempo? – del passato non è la meditazione, ma la solitudine. Per solitudine non intendo la sensazione d’abbandono, la lontananza, l’emarginazione, piuttosto il coraggio di rimanere soli, l’accettazione del fatto che in sostanza siamo già effettivamente soli.
Così siamo venuti al mondo e tali ce ne andremo. Non appena ti rendi conto che, in realtà, sei già solo e che non hai bisogno di fingere, di saturare la tua vita d’impegni, di amici; non appena ti accorgi che non hai missioni da compiere, che non hai nulla da espiare, che non hai affatto bisogno di purificarti; solo allora avrai la certezza di chi sei veramente. Perché solo allora incontrerai per davvero te stesso senza l’intermediazione di una maschera, di una controfigura, di un riflesso che deformi il rapporto più puro che esista, quello con l’origine …
Meditare in marzo
Comincia con il chiederti:
chi sono io?
Le risposte si susseguono specifiche.
Chi sono io?
Un erudito, un men che men-dico
ignorante qualunque?
La risposta è vicina,
sembra quasi nell’aria,
ma per quanto ti arrovelli
non la centri, ti sfugge.
Come mai?
Forse perché si tratta di una sensazione
che riesci a tradurre, ad esprimere
solo nei gesti,
solo, come in questo solerte mattino
di metà marzo.