Talvolta, durante la pratica della meditazione, ci s’imbatte in un bivio sottile, intimo, silenzioso: da un lato l’istinto di opporsi, di reagire, di definire il proprio sentiero in netto contrasto con quanto ci circonda; dall’altro, la tendenza a lasciarsi trasportare, assecondando le strutture invisibili dell’abitudine. In questo breve scritto poetico, il tema si affaccia con forza: c’è chi lotta per non omologarsi, chi sfida l’inerzia del mondo e ne fa una personale forma di ricerca interiore. Eppure, a ben vedere, l’atteggiamento ribelle non è che una tappa, una fase talvolta necessaria per sondare le pieghe della propria coscienza. In meditazione, questa tensione tra rifiuto e resa si dissolve nell’istante in cui si smette di cercare risposte preconfezionate. L’irrequietezza non è più un ostacolo, bensì un’eco della mente che tenta di orientarsi nel buio. Ma non sempre la via è quella dell’azione o del giudizio: può bastare un attimo di presenza per lasciar cadere ogni ipotesi e ascoltare, nel silenzio, quel lieve sussurro che ci richiama all’essenziale. Nessuna battaglia da vincere, nessuna direzione da seguire: soltanto il momento vivo, in cui ogni ricerca si placa.
Ami procedere controcorrente… o preferisci seguire il flusso del conformismo, lo schema delle convenzioni, la prassi delle consuetudini? Dubito che tu ne sia consapevole. Perlopiù ti muovi alla cieca. Certo, nutri dei desideri, aneli la felicità, brami la gioia, speri… Pensi che aderire, chinarsi, sottomettersi, accondiscendere, sia una resa? Cos’è che prima o poi ti condurrà comunque alla tua mèta, competere, resistere… o rilassarti e realizzare una rinascita spirituale, scorgere l’essenza, conseguire l’unità? Nulla di tutto ciò. Cogli l’attimo e la tua vita si dischiuderà come un fiore.
Maldestro
Il nucleo, la chiave, il centro del dilemma.
Dai dubbi alle certezze, l’inopinato indaga e non ha soste.
Se agli inizi anelavo un po’ di luce,
ma ne temevo, sfavillio, il fulgore e poi la sorte,
ora che gli anni mi han reso un po’ più accorto,
ho rinunciato a molto, ma non al mio dissenso,
il sorprendente brio dell’esser sempre contro.
Attento, concentrato, riflessivo,
eppure il truce dubbio è sempre identico:
qual è la via salvifica, l’espediente più pratico
di cui ciascun ricercatore potrebbe occorrere?
Suvvia, lo sai che sei maldestro.
Perché mai risalir questa corrente?
Girati indietro, taci, non proferir, molla le congetture
e il flusso della vita… sarà risolto.
EPILOGO
Quando la mente si stanca di costruire teorie e l’ego cede il passo alla quiete, resta solo il fluire naturale della consapevolezza. La ribellione, pur nobile nei suoi slanci, non ha l’ultima parola. E nemmeno l’adesione cieca a ciò che si ripete. Il praticante autentico – che si interroghi o meno sul proprio cammino – scopre, nella meditazione, che l’unico passo vero è quello che accade ora, senza intenzione né sforzo. Non si tratta di compiere scelte definitive, ma di fermarsi quanto basta per lasciar emergere il reale. In questo vuoto fecondo, ogni maldestro tentativo trova la sua dignità: anche l’errore può indicare una soglia. Basta tacere un istante, e il senso si rivela senza clamore.