Esistono momenti in cui le parole sfuggono al loro significato ordinario, diventando ponti verso dimensioni più sottili. Quel messaggio che ci sorprende mentre lo scriviamo, quell’intuizione che sembra venire “da un po’ di nulla”, potrebbero essere frammenti di una verità più grande che bussa alla porta della nostra consapevolezza. La meditazione ci insegna proprio questo: ad accogliere senza giudizio, a lasciare che i simboli e gli archetipi fluiscano liberamente, senza fossilizzarci sulla forma ma restando aperti al contenuto essenziale. Come quell'”angelo” che appare e scompare, luminoso ed evanescente, anche le nostre intuizioni più profonde chiedono solo di essere riconosciute, senza l’ansia di catalogarle o possederle. Forse il vero dialogo con il sacro inizia quando smettiamo di cercare risposte definitive e ci apriamo al mistero che si rivela nell’istante presente, in quella “alba dorata” interiore che dona forza e coraggio senza chiedere nulla in cambio.
Dopo averla scritta mi sono meravigliato io stesso: che ho detto? Supponiamo che voglia trasmettere un messaggio, dovrò avvalermi di nozioni condivise, di simboli, archetipi; e non importa che siano reali o meno: sono! Quindi non soffermarti più di tanto sulla terminologia adoperata. Quest’ultima può essere adattata da chiunque per veicolare e riproporre il proprio background (culturale). Considera, invece, il contenuto, nonché – in particolare – gli splendidi esseri di luce a cui è rivolto. Ops, sta per nascere. Una poesia breve che non avrà mai eguali. Se non altro giacché non vale nulla …
Da luce a luce
“Angelo”, cos’è, ci siamo?
Sei lì per lì a riprenderti
l’ultimo sciocco venuto un po’ dal nulla?
Donde provenga,
com’è che debba accoglierti,
è uno dei misteri
che medito da sempre.
Tu che da luce a luce
– e lo vedo che risplendi –
sei così chiaro che sembri evanescente,
pervieni e poi ritorni.
Sei quel mattino che ti dà la gioia,
sei l’alba già dorata che ti darà la forza
di vincer la paura che però non c’è,
soccorrere i fratelli che chiedono il tuo aiuto,
ristabilire l’ordine che “Dio” ci dimostrò,
risplender nel chiarore di quest’antica terra,
offrir del più e del meglio,
soffrire e poi guarire.
Epilogo
Alla fine, ciò che conta non è l’elaborazione intellettuale, ma la semplicità con cui accogliamo la luce quando si presenta. Quell’angelo che “da luce a luce” ci guida, non è un’entità lontana, ma la parte più autentica di noi stessi che risplende nell’oscurità. La meditazione non ci dà mappe per questo viaggio, ma ci rende viandanti più attenti, capaci di riconoscere i segni lungo il cammino. Forse il vero miracolo sta proprio in questo: nell’ordinario che diventa straordinario, nel dolore che si trasfigura in guarigione, nel nostro semplice essere umani che, a volte, senza sapere come, riescono a “offrire del più e del meglio”. Senza sforzo, senza pretese, ma con la grazia di chi ha imparato a fidarsi della luce che già abita dentro.