Cos’è più lecito, restare abbarbicati al noto, a tutto ciò ch’è divenuto ormai vecchia abitudine o esplorare al di là, seppur con molta prudenza, ulteriori orizzonti esistenziali? Ed ecco il nuovo che si schiude per rivelare a chiunque sia sorretto dal giusto spirito di curiosità una realtà davvero impensabile. Dagli arci-battuti sentieri del noto all’ignoto il passo è come un battito di ciglia. Dietro la coltre effimera di ciò che appare v’è tutto un mondo in esplosivo fermento che sembra non aver mai fine. Se ora ti culli tra le quattro mura del tuo interspazio soggettivo, di là il sentiero si diparte in mille e uno tracciati. Dove conducono? Cos’è più lecito, rimanere inerte all’infinito rivivendo le medesime sorti d’innumerevoli repliche di te stesso o inoltrarsi subito verso la vetta e la luce la cui esistenza è, ironia della sorte, proprio qui e ora?
Cos’è più lecito?
Cos’è più lecito,
guardare innanzi
sino a sfiorare il vertice
che all’orizzonte si ricongiunge
con tutto ciò che v’è di più banale
senza distinguere più tra terra e cielo,
o rigirarsi indietro
per rivangar gli eventi
che poi produssero questa tua vita
sia come sia, comunque originale?
Che tu proceda lesto
sull’apice del tetto che divide
schiere di gente o idee e poi quant’altro,
oppure arranchi mogio
sul fondovalle onde i viandanti,
gli umili, quella genia modesta
di artisti inconsapevoli
provano a raccattar qualche briciola
di purissimo amore,
che differenza fa se poi non mediti
su quell’insieme sacro e indefinibile,
ma senza chiedergli in cambio
proprio un bel nulla?