Secondo articolo introduttivo alla raccolta di poesie per meditare.
Queste poesie sono artifici per rallentare la frenetica attività della mente, in modo da percepirne le pause di silenzio che intercorrono tra i singoli pensieri. Prima di scriverle non sapevo affatto cosa volessi o stessi per dire. Sono state come brevi piovaschi, gocce cadute da un cielo invisibile. Il mio unico sforzo è consistito nel semplificarne e talvolta adattarne la forma per renderla un tantino più fluida e intelligibile. Quando successivamente ne rileggevo qualcuna, mi sembrava di scoprirla per la prima volta.
L’uomo
alla ricerca della verità
è come un gambero.
Quando il gambero
riconosce se stesso,
il suo essere
gambero,
scopre la verità.
Poesie per meditare? Non mi sembra di esserne stato l’autore. E’ come se si fossero scritte da sé. Semmai le ho trascritte. So bene che il loro valore artistico è relativo. Non v’è ricerca d’armoniche assonanze, tanto meno echi di qualsivoglia presunta verità spirituale. Sono ciò che sono. Mezzi per procedere oltre. Proseguire, seguitare, procedere dove? Ma qui, è ovvio! Per ritrovarsi insieme e uniti nel medesimo luogo, nello stesso identico momento. Queste poesie sono un trucco per ricordare se stessi.
A prescindere dal loro eventuale valore artistico la funzione di queste “poesie per meditare” è quella di trasmettere, ispirare, stimolare e risvegliare la propria percezione del trascendente oppure, se si preferisce, la spiritualità immanente che si erge dal più profondo dei nostri recessi.
Qual’é il vero scopo delle poesie? Educare alla sensibilità! Le poesie sono una lucerna della psiche. Uno schermo per proiettare, osservare o intuire il riflesso dei sentimenti più segreti, degli impulsi più riposti, delle emozioni più misteriose. Un palcoscenico per esprimerli ed esercitarli. Seppur limitate dalla contingenza verbale, s’affermano, viepiù, come pregevoli strumenti di ricerca interiore. Le poesie per meditare sono, quindi, come le frecce d’una faretra introspettiva. Prim’ancora che l’arco della volontà scocchi il dardo dell’analisi, mirano dritte all’essenza.
Consentitemi una digressione. La differenza tra una generica società primitiva e un’altra più evoluta consiste soprattutto nella sua capacità di creare versi di benevolenza, stille d’amore, gocce di compassione. Le veggo scivolar lievi sul freddo vetro della coscienza. Rifranger la luce dell’ambizione. Distillarne le virtù dall’indifferenza in un abbraccio protratto all’inverosimile. Ed ecco la sola purezza possibile. Una gioia che celebra l’energia dell’immotivato …