Meditare significa soprattutto silenzio. Ma ben pochi lo rammentano. Se il tentativo di raggiungere la quiete diventa eccessivamente metodico, persino le vie dei saggi d’ogni epoca si fanno decisamente impervie. Come pensi di ottenere vantaggi e benefici se non riesci ad ascoltar nemmeno la tua interiorità, la sola legittimata a stabilire il giusto ritmo per procedere verso la meta che intendi cogliere, pace, amore, sensibilità, armonia, risveglio?
Nome: Daniel
Soggetto: Effetti collaterali?
Quesito
Salve, mi chiedevo se la meditazione potesse peggiorare sintomi depressivi e di ansia. Questo mi succede quando pratico con maggiore assiduità e ho la sensazione di avere ancora maggiore necessità di praticare. “Ovviamente” tutto ciò mi porta a interrompere, scoraggiato, per diverso tempo, per poi riprendere quando la situazione migliora. A scanso di equivoci voglio chiarire che sono stato e sono in cura da uno specialista per questi disturbi e che questi mi ha sempre caldeggiato l’utilizzo di tecniche meditative. E’ giusto insistere in questi casi? Fa parte di un normale percorso? Grazie.
Risposta
Gent.mo Daniel, qualche anno fa ci soffermammo spesso a parlare di ansia e meditazione. Mi capitò, quindi, di ascoltare – tra gli scambi di idee sviluppate nell’ambito del nostro forum – le esperienze di parecchi meditanti. Discutemmo, soprattutto, con coloro che cercavano nella meditazione formale un rimedio ai loro disturbi depressivi e di ansia. Io non sono un medico, e nemmeno uno psicologo, ne discuto solo perché mi dedico allo Yoga. Le mie deduzioni sono formulate in prospettiva spirituale. Non considerarle, quindi, come il contributo di un esperto, bensì come le opinioni – relativamente opinabili – di un meditante.
Anche se la meditazione formale in un primo momento, calma e rilassa, tuttavia se condotta con eccessivo cipiglio sollecita la propria reattività, le proprie energie sopite, al punto da creare, involontariamente, ulteriori lievi malesseri. Nulla di particolarmente significativo. Si tratta di circostanze del tutto casuali e/o temporanee. Ma coloro che soffrono di ansia, più sensibili rispetto alla media, ne risentono subito… Quindi, come ho sempre sostenuto, la sconsiglio, meglio dei palliativi come la preghiera, o la recita di un mantra. Meglio mollar subito la presa dell’intenzionalità meditativa e lasciarsi fluire nella vita con gioia. Cogliere qualunque opportunità si presenti per camminare, per correre, per divertirsi, ritornar seri, e reiterare la ruota della vita consapevoli ch’essa non s’avvolge mai su se stessa, ma si sviluppa secondo una straordinaria spirale tesa, immancabilmente, verso l’alto. Anche questa è meditazione.
Tuttavia ci sono delle pulsioni interiori che ci precludono, comunque, un sollecito esito favorevole, allontanano la guarigione sino al punto d’ammantarla d’un irrazionale alone misterico. Un buon psicoterapeuta ti aiuterà a scoprirle. Solo allora sarà possibile meditare adeguatamente. In caso contrario, quegli ostacoli causerebbero ancora ulteriori malesseri. Esiste una categoria di persone convinte di riuscire a saltare a piè pari le dinamiche del pensiero, salvo, poi, il doversi ricredere, anche dopo anni ed anni d’inani sforzi, rendendosi conto d’aver affrontato le bizze della mente con la mente. Certo, ci sono anche situazioni che si risolvono da sé, oppure evolvono positivamente dopo aver individuato autonomamente i conflitti egoici alla base del malessere, ma è arduo, meglio essere guidati da un bravo, volenteroso, medico specialista.
Per il momento medita solo se ti accade spontaneamente. Rammenta che la vita non è perenne acquisizione, ma un dare e prendere, lasciare e ricominciare. Mentre il flusso vitale del respiro sale sino a saturare la parte più elevata del nostro vertice fisico, e l’attenzione lo segue come la piena d’un fiume che inonda a profusione l’arido campo del proprio assetato stupore, mille gocce di stelle sorridono donandoti la volontà d’intuire che ciò di cui abbiamo timore non è tanto il giudizio degli altri, ovverosia il fatto d’infrangere l’immagine perfetta che ci siamo proditoriamente creati, quanto di un’ombra. Tremiamo per una povera, inconsistente, immaginaria ombra fatta di nulla. Sussultiamo all’idea di ciò che ci potrebbe accadere.
Un’autentica e valida meditazione è soprattutto l’accettazione.
Cordiali saluti.
Replica
Carissimo salius, ti ringrazio molto per la risposta. Ad un primissimo senso di frustrazione legato alla sensazione di una porta che si chiudeva ne è succeduto un’altro, di maggiore chiarezza.
Intraprendere la meditazione come se si trattasse di una questione di vita o di morte, dell’unica possibilità di affrancamento dalle fatiche e dalle paure della vita non ha certo portato ai risultati sperati, anzi me le ha sbattute in faccia con la stessa forza con la quale io cercavo di allontanarle.
Seguirò il tuo consiglio quindi e smetterò per ora l’esercizio meditativo per dedicarmi ad altro. Penso di tornare a praticare il tai chi chuan, questa volta però senza la pretesa di avere quei giovamenti che inseguo da anni e che non arrivano mai. Ora capisco perché tempo fa il maestro disse. “Se volete avere qualche miglioramento di salute dovete studiare il tai chi chuan per quello che è: un’arte marziale.” A furia di guardare quello che sta dietro alle cose non riesco più a mettere a fuoco le cose stesse.
Tempo di levare gli occhiali?
Ancora grazie, Daniel.
Epilogo
E’ vero, tempo di levar gli occhiali, consideriamo la meditazione soprattutto per quel che è, uno stile di vita, un’arte, una scienza soggettiva, un modo di rapportarsi al mondo in modo adeguato, obbiettivo e pacifico, che non pretende, nel modo più assoluto, di possedere o rappresentare né verità soprasensibili, né risultanze scientifiche. Tra le tante alternative all’approccio meditativo classico, che talvolta fossilizza senza consentirci di verificare gli eventuali conseguimenti raggiunti, v’è un iter che procede dall’uso consapevole della ragione a quello creativo della propria vita. Il peculiare equilibrio spirituale, così pervasi di meraviglia quanto compiuti, quindi totali, alla prova sull’impudente piazza del mercato.