La levità di spirito che si sperimenta con il satori, l’iiluminazione – che si raggiunge quando si realizza come fanno due dita a schioccare regolarmente, ma senza produrre il benché minimo rumore – oppure come si fa a camminare pur rimanendo fermi, chiedo venia per il diversivo –, è proverbiale. Rimane il fatto che bisognerà pur procedere, ossia restare coi piedi per terra, argomenta nei seguenti appunti Alan Watts. Ebbene, in che modo si conciliano le due circostanze? Suppongo via sia capitato di liberarvi finalmente da un qualche fardello, come raggiungere, in conclusione di un lungo e oneroso impegno, un determinato risultato che avevate da tempo inseguito. Il coacervo di pensieri con cui eravate identificati si era, senza colpo ferire, dissolto…
«Hui Neng, il sesto patriarca dello zen, insegnava ai meditanti che era un grave errore cercare di svuotare la mente. Molti ci provano. Si siedono e cercano di sgombrare del tutto la mente dai pensieri, e non solo, anche da qualunque sensazione. Chiudono gli occhi e si turano le orecchie e in genere raggiungono la deprivazione sensoriale. Questo può essere molto interessante, perché fa uscire di senno taluni, mentre ad altri non crea alcun disturbo, e altri ancora ne traggono una gradevole sensazione di assenza di peso. In altra sede ho affermato che la persona che accetta veramente la transitorietà comincia a sentirsi senza peso. Quando fu chiesto a Suzuki che effetto fa sperimentare il satori (illuminazione) rispose: «E come l’esperienza quotidiana, ma a una spanna da terra». E Chuang Tzu una volta disse: «È piuttosto facile restare fermi; la difficoltà consiste nel camminare senza toccare terra».
Perché ci sentiamo tanto pesanti? Non si tratta solo di gravità e di peso corporeo, piuttosto sentiamo di portare in giro i nostri corpi fisici. Come recita un kōan zen: «Chi porta in giro questo cadavere?». Nel linguaggio comune si usano espressioni come «vivere è un peso» o «deporre il nostro fardello». Chi porta il fardello? Quello è il nocciolo della questione. E quando non resta più nessuno per cui il corpo possa rappresentare un peso, il corpo non è più un peso. Ma fintanto che si lotta contro di esso, lo è. E quando non resta più nessuno a opporre resistenza a quella cosa che chiamiamo cambiamento (che è semplicemente un sinonimo di “vita”), quando facciamo sparire l’illusione di pensare i nostri pensieri, anziché essere solo un flusso di pensieri, quando abbandoniamo il concetto di sentire le nostre emozioni anziché essere fatti di emozioni, solo allora la vita non rappresenta più un fardello.»
[ Da: Alan Watts, “Lo zen e l’arte di imbrogliare la mente“ ]
– Alan W. Watts (macrolibrarsi)
– Alan Watts (amazon)
– https://it.wikipedia.org/wiki/Alan_Watts