La religione non è un concetto universale, ma varia in base al livello di consapevolezza di ciascuno. Pyotr Demianovich Ouspensky ci ricorda che la vera religione non si limita a pensieri o sentimenti, ma si manifesta nelle azioni quotidiane. Essere cristiani, ad esempio, non significa semplicemente dichiararsi tali, ma vivere secondo i precetti del Cristo, cosa che richiede impegno e trasformazione interiore. Attraverso la meditazione e l’auto-osservazione, possiamo avvicinarci a una pratica religiosa autentica, superando la meccanicità dei nostri “io” frammentati. Questo insegnamento ci invita a riflettere sul divario tra credere e agire, spingendoci a vivere con coerenza e consapevolezza. Pratica la meditazione per allineare pensieri, emozioni e azioni, trasformando la tua vita in un atto di fede vissuta.
LA RELIGIONE (P. D. OUSPENSKY)
«In primo luogo, diceva sempre, la religione è un concetto relativo: corrisponde al livello d’essere di un uomo e la religione di un uomo può benissimo non essere adatta a un altro, ossia la religione di un uomo di un certo livello di essere non si adatta a un uomo di un altro livello di essere.
Bisogna comprendere che la religione dell’uomo n. 1 non è la religione dell’uomo n. 2, e che quella dell’uomo n. 3 è pure un’altra religione.
Le religioni degli uomini n. 4, n. 5, n. 6, n. 7 sono completamente differenti dalle religioni degli uomini n. 1, 2 e 3.
In secondo luogo, la religione è fare.
Un uomo non pensa, non sente, soltanto, la propria religione, egli la ‘vive’ più che può; altrimenti non si tratta di religione, ma di fantasia o filosofia.
Che gli piaccia o no, egli mostra il suo atteggiamento verso la religione con i propri atti e non può mostrarla che con i propri atti.
Di conseguenza se i suoi atti sono in contraddizione con ciò che è richiesto da una data religione egli non può affermare di appartenere a quella religione.
La grande maggioranza delle persone che si dicono cristiane non hanno diritto alcuno a questo titolo, perché non soltanto non seguono i comandamenti della propria religione, ma pare che non suppongano nemmeno che questi comandamenti debbano essere seguiti.
La religione cristiana proibisce l’omicidio; e tutti i progressi che abbiamo fatto sono progressi della tecnica dell’omicidio, dell’arte della guerra. Come possiamo dunque dirci cristiani?
Nessuno ha il diritto di chiamarsi cristiano se non adempie nella propria vita i precetti del Cristo.
Un uomo può dire che desidera essere cristiano, se si sforza di osservare questi precetti.
Se non ci pensa neppure, oppure ne ride, se li rimpiazza con qualcosa di sua invenzione, o semplicemente li dimentica, non ha alcun diritto di dirsi cristiano.
Ho preso l’esempio della guerra perché è il più evidente.
Ma senza parlare della guerra, tutto nella nostra vita è così.
Le persone si dicono cristiane, ma senza comprendere che non solo non vogliono, ma non possono esserlo, perché, per essere cristiani, non basta desiderarlo, bisogna anche esserne capaci.
L’uomo, in se stesso, non è uno, non è Io, è ‘noi’, o per parlare più rigorosamente, è ‘essi’.
Tutto deriva da questo.
Supponiamo che un uomo voglia, secondo il Vangelo, porgere la guancia sinistra dopo essere stato colpito sulla guancia destra.
Ma è uno solo dei suoi ‘io’ che prende questa decisione, sia nel centro intellettuale sia nel centro emozionale.
Un ‘io’ lo vuole, un ‘io’ se ne ricorda, ma gli altri non ne sanno niente.
Immaginiamo che la cosa avvenga realmente: un uomo è stato schiaffeggiato.
Pensate che egli porgerà la guancia sinistra? Mai.
Egli non avrà nemmeno il tempo di pensarci.
Schiaffeggerà a sua volta l’uomo che l’ha colpito, oppure chiamerà una guardia, oppure fuggirà; il suo centro motore reagirà ben prima che l’uomo si renda conto di cosa sta facendo, come ne ha l’abitudine, come gli è stato insegnato a fare.
Per poter porgere la guancia sinistra bisogna essere stati istruiti per molto tempo, bisogna essersi allenati con perseveranza perché, se la guancia è offerta meccanicamente, non ha nessun valore; l’uomo porge la guancia perché non può fare altrimenti.»
[ Da: Frammenti di un insegnamento sconosciuto – P. D. Ouspensky ]