La meditazione, pratica millenaria che affonda le sue radici nelle più antiche tradizioni spirituali, si rivela – tanto oggi quanto nel passato – come un viaggio interiore d’inestimabile valore. Nel cuore di questo percorso si colloca la meditazione camminata, una forma di mindfulness che trasforma il semplice atto del camminare in un rituale di presenza e consapevolezza. Jon Kabat-Zinn, pioniere nel campo della riduzione dello stress basata sulla mindfulness, ci introduce a questa pratica con una delicatezza che rispecchia il gesto stesso del camminare: ogni passo diventa un bacio alla terra, un momento d’intima connessione con il qui e ora. La meditazione camminata non è mera locomozione, ma un abbraccio tra corpo e mente, un dialogo silenzioso dove ogni movimento è ascolto, ogni respiro è dialogo. In questo spazio sacro, il cammino si fa danza lenta, un fluire di consapevolezza che ci invita a riscoprire la meraviglia del semplice essere. Con Kabat-Zinn, esploriamo le sfumature di questa pratica, imparando a camminare con l’anima dei piedi, a sentire il peso del corpo che si sposta, a percepire il respiro che s’intreccia con il ritmo dei passi. La meditazione camminata diventa così un ponte verso l’equilibrio interiore, un sentiero che ci guida verso la pace dell’essere.
Come Mindfulness insegna la meditazione camminata buddhista.
Se cerchi la verità fuori da te stesso finirai molto molto lontano. Oggi, camminando da solo, la incontro a ogni passo. E’ la stessa cosa che sono io, eppure io non sono lei. Solo se la comprendi in questo modo ti fonderai con le cose così come sono. Tung Shan (807-869)
«La meditazione camminata è un’altra delle porte per cui si entra nella stessa stanza della meditazione seduta, sdraiata, o in piedi. Lo spirito e l’orientamento sono gli stessi, la struttura leggermente diversa, perché ci si muove. Alla fine, però, si tratta della stessa pratica, solo che si cammina; però – ed è una grande differenza – si cammina con passo regolare e senza una meta da raggiungere. La meditazione camminata formale non consiste nell’andare a piedi da qualche parte, ma nello stare con ogni singolo passo, pienamente presenti lì dove si è in realtà. Non si cerca di andare da nessuna parte, nemmeno fino al passo successivo; non si « arriva » se non, di continuo, nel momento presente.
La meditazione camminata ci dà l’opportunità di stare nel nostro corpo in un modo un po’ differente che non nella meditazione seduta o sdraiata. Possiamo portare l’attenzione ai piedi e sentirne a ogni passo il contatto con il pavimento o il terreno, come se baciassimo la terra e questa ricambiasse il bacio. Abbiamo già parlato di questo miracolo e della totale reciprocità del contatto. C’è una miriade di sensazioni, proprie, ricettive e no, da includere nel campo della consapevolezza.
Camminare è una caduta controllata in avanti, un processo che ci si mette molto tempo a padroneggiare, che spesso diamo del tutto per scontato dimenticando quanto sia miracoloso e meraviglioso. Quando la mente se ne va, dunque (e lo farà di certo anche nella meditazione camminata, come in ogni altra pratica), prendiamo nota di dove sia andata a finire, di ciò che abbiamo in mente al momento, e poi scortiamola con gentilezza riportandola al momento presente, a questo preciso respiro, a questo preciso passo, come già descritto prima.
Dato che non si sta andando da nessuna parte la cosa migliore è ridurre al minimo le occasioni di distrazione, camminando avanti e indietro più e più volte lungo un percorso rettilineo. Non occorre che sia lungo: dieci passi in una direzione, dieci passi nell’altra andranno già benissimo; in ogni caso non si tratta di un giro turistico dei dintorni. Si mantengono gli occhi rilassati, lo sguardo dritto davanti a sé. Non occorre guardarsi i piedi: loro sanno, misteriosamente, dove si trovano, possono essere abitati dalla consapevolezza e trovarsi in contatto, attimo per attimo, con ogni parte del ciclo motorio di cui è composto il passo e anche con l’intero corpo che cammina e respira.
Si può praticare la meditazione camminata a molte andature diverse; questo le dà una quantità di applicazioni nella vita quotidiana. Di fatto possiamo passare facilmente dal camminare in consapevolezza al correre in consapevolezza, a sua volta una splendida pratica a tutù gli effetti. In questo caso, naturalmente, abbandoniamo il percorso rettilineo, cosa che di certo possiamo fare anche per camminate formali più veloci o sulle lunghe distanze. La meditazione camminata che fa parte del Programma di riduzione dello stress, però, è estremamente lenta; questo serve ad attenuare l’impulso che abbiamo a muoverci in fretta e anche ad affinare la nostra intimità con le dimensioni sensoriali dell’esperienza del camminare e la loro connessione con il respiro, per non parlare della possibilità di percepire meglio ciò che accade nella mente nel frattempo.
Cominciamo stando in piedi e portando la consapevolezza al corpo come a un tutt’uno che si trova a una delle due estremità del percorso rettilineo prescelto. Il campo della consapevolezza può comprendere l’intero panorama del presente. A un certo punto, abbastanza misteriosamente, ci rendiamo conto di un impulso mentale a iniziare il processo del camminare, impulso che si concretizza sollevando un piede. Così prendiamo consapevolezza di quel sollevarsi, non prima però di esserci permessi di registrare quell’impulso, proprio come nella meditazione del chicco d’uva passa dove fra le istruzioni c’era anche quella di essere consapevoli dell’impulso di inghiottire prima ancora di compiere l’atto reale di inghiottire.
Cominciamo con il sollevare solo un tallone; poi portiamo consapevolezza al fatto di spostare in avanti tutto il piede e la gamba e quindi di posare il piede a terra, di solito con il tallone per primo. Quando tutto il piede che ora è davanti è posato sul pavimento o sul terreno, notiamo lo spostamento di peso dal piede dietro a quello avanti, e poi notiamo di sollevare il piede dietro, prima il tallone e poi il resto, mentre carichiamo il peso del corpo interamente sul piede che è avanti; e il ciclo continua: muovere, posare, spostare il peso – sollevare, muovere, posare, spostare il peso – sollevare, muovere, posare, spostare il peso…
Per ogni aspetto della meditazione camminata, possiamo stare in contatto con l’intero ventaglio delle sensazioni fisiche che si associano al camminare – il tallone del piede dietro che si solleva, lo slancio della gamba che si muove in avanti, il tallone che si posa sul terreno o sul pavimento, lo spostamento diretto del peso sul piede davanti – e con l’integrazione ininterrotta di tutti questi elementi nella continuità del cammino, anche quand’è così lento. Possiamo coordinare questi vari aspetti del ciclo del cammino con il respiro, oppure limitarci semplicemente a osservare come si muove il respiro al muoversi del corpo. Certo, dipenderà in grande misura dalla velocità dell’andatura: quando si cammina piano si fanno passi piccoli, è un camminare regolare, solo che è lento. Non c’è nessun bisogno di esagerare o rendere artificiosi i movimenti, anche se ce ne viene l’impulso: stiamo parlando di camminare in modo normale, solo più adagio e in consapevolezza.
Se vi va di coordinare la respirazione al ritmo del passo, un modo di giocare con il respiro è inspirare quando si solleva il tallone dietro e poi espirare senza muoversi, fermandosi durante questa espirazione; poi all’inspirazione successiva sollevare del tutto il piede dietro e portarlo avanti. Sull’espirazione portiamo il tallone di quel piede, che ora sta avanti, giù a stabilire il contatto con il suolo. All’inspirazione successiva, mentre il tallone del piede dietro si solleva, il piede davanti si appiattisce pian piano al suolo ricevendo gradualmente tutto il peso del corpo. Sull’espirazione si fa un’altra pausa. All’inspirazione che segue portiamo avanti il piede dietro e via così, momento dopo momento, respiro dopo respiro, passo dopo passo. Se tutto questo vi costa troppo, vi fa sentire troppo costretti o bloccati, potete semplicemente lasciare che il respiro si muova come vuole.
E poi ci sono le mani. Che farne? Per esempio ci si può limitare a esserne consapevoli; lasciarle pendere lungo i fianchi, oppure tenerle unite dietro la schiena o sul davanti, basse davanti alla pancia o alte vicino al petto. Lasciate che trovino il modo di stare a riposo e in pace e di far parte del corpo intero e dell’esperienza fisica del corpo che cammina.
Tenete a mente che tutte queste istruzioni sono solo mere impalcature e che nella meditazione camminata si può sperimentare una quantità di metodi differenti. Alla fin fine non c’è un unico modo giusto, come per tutte le altre pratiche formali, e potete sperimentare quello che vi sembra più efficace, che più vi aiuta a «stare con» il camminare. La pratica consiste semplicemente nel camminare e sapere che si sta camminando, conoscere e discernere nel corpo l’intero ambito della realtà del «camminare». In altre parole, essere presenti per il camminare, nel camminare; stare con ogni passo e non perdersi via uscendo da se stessi.
Come amano dire nella tradizione Zen; «Quando cammini, cammina e basta». E molto più facile a dirsi che a farsi, proprio come la meditazione seduta: finiamo tutti per scoprire che la mente fa quel che le pare e quindi può capitare che il corpo cammini e intanto la mente sia totalmente presa da altre cose. La sfida della meditazione camminata è mantenere il corpo e la mente nel momento presente, a stare insieme a quel che accade. Quel che accade adesso, come quel che succede in ogni momento, è estremamente complesso; camminando però cerchiamo di mantenere le sensazioni che si associano al camminare al centro della scena, nel campo della consapevolezza, e di continuare a riportarvele quando l’attenzione ne viene distolta e se ne va da qualche altra parte. La meditazione camminata, dunque, non differisce in nulla da ogni altra pratica di presenza mentale, e il campo della consapevolezza può essere portato a collimare con il passo o a espandersi a qualunque livello si desideri, dal notare le sensazioni nei piedi attimo dopo attimo alla consapevolezza non selettiva della vasta spaziosità del panorama del presente anche mentre si cammina.
Non siamo ancora arrivati alle istruzioni formali per la pratica della gentilezza amorevole, ma come piccolo anticipo potete cominciare a farla anche nella meditazione camminata, evocando in voi a ogni passo il nome delle persone che desiderate includere nel campo della gentilezza amorevole. A ogni passo potete evocare una persona, più e più volte; oppure potete evocare una serie di persone, una per passo, per poi ricominciare ciclicamente una volta finito l’elenco: «Che questa persona sia felice», «Che quella persona sia felice». «Che a questa persona non sia fatto alcun danno», «Che a quella persona non sia fatto alcun danno». [ … ] Nella meditazione camminata, questa pratica funziona meglio se camminate lentamente, in consapevolezza e totalmente «nel» corpo.
– Jon Kabat-Zinn –
– Jon Kabat-Zinn (amazon)
– Jon Kabat-Zinn (macrolibrarsi)
– Jon Kabat-Zinn – Wikipedia
– Mindfulness – Wikipedia