La “visione” introspettiva che consente la meditazione non è lontana – secondo il dotto punto di vista di Chogyam Trungpa – dall’ispirazione artistica che ci avvicina – quasi in un lampo di condiscendenza con l’etere sempiterno a cui siamo costantemente e perennemente ascritti (annoverati) – all’effimero, ma nel contempo empirico, universo soprasensibile. L’ispirazione – di natura fondamentalmente spirituale – nasce dunque dall’accettazione “sine qua non” di tutto “ciò che è” libero, vuoto, illimitato, ossia senza confini, quindi calmo, sereno, tranquillo e, soprattutto dischiuso, esplicito, manifesto …
«La vera ispirazione non è particolarmente teatrale, ma molto ordinaria. Viene sistemandoti nel tuo ambiente e accettando le situazioni come naturali. Allora cominci a renderti conto che puoi danzare con loro.
Così l’ispirazione viene dall’accettazione piuttosto che dal lampo improvviso di un’idea brillante che salti in mente. L’ispirazione naturale consiste semplicemente nell’avere qualcosa in qualche posto con cui rapportarti, in modo che abbia un senso di stabilità e solidità. L’ispirazione è composta di due parti: apertura e visione libera, o in sanscrito, shunyata e prajña. Entrambe sono basate sulla nozione della mente originaria – nota tradizionalmente come natura di buddha – che è sgombra, non territoriale, non competitiva e aperta.»
Chogyam Trungpa
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