Un tema, quello della meditazione sul respiro, attorno a cui abbiamo argomentato più volte. Lo abbiamo studiato, approfondito, sviscerato. Tuttavia, se non lo si mette in pratica, se non si osserva il flusso naturale e spontaneo dell’aria che entra (inspirazione) e di quella che esce (espirazione), nonché delle pause istintive che intercorrono di volta in volta, rimarrà sempre un mero esercizio teorico. Segue qualche ulteriore spunto sulle differenze tra meditazione sul respiro e mantra utile per approfondire meglio il tema…
Che differenza c’è tra concentrarsi su un atto ripetitivo come il respiro e un atto ripetitivo come un mantra?
«Ci sono molte differenze.
La prima è che il respiro è un oggetto interno, mentre il mantra è esterno.
La seconda è che non abbiamo bisogno di imparare a respirare. Il respiro c’è sempre, che ci stiamo attenti oppure no. E’ una funzione naturale del nostro corpo che ci accompagna ininterrottamente dalla nascita alla morte.
In terzo luogo non è necessario alcun apparato dottrinario, dogmatico o teologico. Non c’è bisogno di alcuna conversione né di alcuna spiegazione esoterica. Il respiro è lo stesso per tutti, uguale per tutti e nello stesso tempo molto personale. Chiunque può praticare la meditazione sul respiro senza per questo diventare buddista o quant’altro.
In quarto luogo nella meditazione sul respiro ci si ancora a una sensazione e non a un (determinato) pensiero. In questo modo si taglia fuori tout-court il pensiero discorsivo con il suo corredo di associazioni emotive disturbanti.
In passato, collaborando con i medici, ho insegnato la meditazione sul respiro a pazienti oncologici come sostegno alle cure chemioterapiche. Ebbene, un mantra non sarebbe stato ugualmente proponibile in quel contesto. Infatti, durante le sedute di pratica, che si svolgevano in un ambiente niente affatto religioso, ma solo ordinariamente confortevole e gradevole, non si è mai parlato di buddismo né di qualunque altra religione…
Dal punto di vista pratico c’è, a parer mio, un altro vantaggio: cioè che è molto più chiaro per chi pratica quando si sta attenti e quando no. Un mantra si può ripetere a pappagallo lasciando che la mente vaghi come le pare. Col respiro questo è più difficile perché o stai sulla sensazione (ossia sulla percezione cinestetica) oppure non stai meditando. La consapevolezza non è un contenuto mentale. E’ un passo indietro nel presente immediato: via dal pensiero… sulla percezione della realtà qui e ora.
Inoltre tramite la meditazione di osservazione del respiro (anapanasati) si sviluppa quella coscienza dell’osservatore che è la chiave per riuscire nella pratica dell’introspezione (vipassana). Riuscire a osservare il proprio respiro senza interferire è già in sé un bel traguardo, che implica l’apprendimento del mollare (lasciare andare) il bisogno di controllo.
Da ultimo direi che non è vero che i respiri sono tutti uguali. Chi pratica sa bene che la percezione del respiro cambia nel corso dello stesso respiro e da un respiro all’altro.»
– Flavio Pelliconi –
– Fonte Risveglio.net
– Link all’articolo originale
Approfondimenti
Dello stesso autore, Flavio Pelliconi, di cui al messaggio precedente:
«Gli esercizi che implicano il controllo del respiro e sono parte di una complessa pratica yogica conosciuta come pranayama. Sono tecniche potenti e perciò anche pericolose e andrebbero praticate solo con la supervisione di un maestro competente.
Una volta un tale di nome Prasad domandò al grande yogi Bhagavan Ramana Maharshi se la forma regolare di controllo del respiro, in cui si inala, si trattiene il respiro e si esala al ritmo di 1 : 4 : 2 non fosse il metodo migliore. Lui rispose: «Tutti questi ritmi respiratori, talvolta regolati non dal conteggio ma da mantra, aiutano a controllare la mente; questo è tutto. Osservare il respiro è anche una forma di controllo del respiro. Trattenere il respiro è più violento e può essere nocivo, se non c’è un buon maestro a guidare il praticante a ogni passo; ma osservare semplicemente il respiro è più facile e non comporta alcun rischio».
Il mio consiglio è, perciò, di accantonare (soprattutto inizialmente – NdR) le tecniche di controllo del respiro e di osservare, senza interferire, il respiro spontaneo e naturale, cioè il corpo che respira da solo. È una tecnica di concentrazione eccellente che non presenta controindicazioni.»
– Flavio Pelliconi –
(Quest’ultimo commento è tratto da un messaggio della vecchia lista “Risveglio”)