Risvegliarsi in ottobre e vedere che la vita è un eterno mattino dove regna la luce; dovunque, sia pianori che asperrimi anfratti di vita sociale, sia in te che ancora tuo malgrado ci credi e ti aggrappi all’ultimo lembo di cronaca per riuscire a … sperar l’insperabile. No! … a credere che l’Eterno si affacci e protenda il suo braccio a chi mostri le mani … giunte? No! … ben aperte ad accogliere l’aiuto che tuttavia sarà solo per pochi.
Già, poi fermarsi in ottobre e pensare che se non ti adoperi tu – in prima persona – per riprenderti il ruolo – che ti compete comunque – di figlio effettivo di un mondo quasi umano, sarai ignorato come un’anima in pena. Sìcché alzati – su la vita, cammina – e fa valere il tuo diritto di esistere, di progredire e fiorire. In ottobre, come d’altronde sempre.
Così anche ottobre è tornato. Ci avresti mai sperato per per un mese che fugge tanto rapido da suscitar stupore finanche nell’istante, nel perituro, nell’effimero … nell’Eterno? Che tu ci creda o no ottobre è ancora qui a scandire il ritmo di ciò che sembra vada, ma ti coinvolge ogni volta.
Epilogo
Avevo un po’ voglia di elaborare chissà quale articolata riflessione. Ma poi mi sono arreso all’evidenza che sarebbe stata solo un semplice sfogo e ho optato per una comunicazione meno verbale, relativamente sintetica, che possa giunger laddove le parole si fermano per dar spazio al sottile quanto mellifluo dominio di una meditazione in itinere e del suo tumultuoso, caotico silenzio.