“Il mio mondo è saturo di chiaroscuri, di luci e ombre”, si disse la rana in un momento di particolare lucidità. Bella scoperta, ma no, a dirla tutta era piuttosto una fase di autentico sconforto sopraggiunto a seguito di un intenso stress mentale. Il lavoro, sempre quello, quando c’era, poi lo pseudo-mondo del web, la corsa a esserci, seppur virtualmente, a cercare opportunità alternative, a promuoversi.
La rana ci aveva creduto e, ohibò, la spregiudicata ideologia socio-economica corrente l’aveva sopraffatta. La rana era divenuta l’emblema, un simbolo, un’icona di se stessa; l’io pensante che giocava senza remore le sue carte: l’arguzia, una sottile avvenenza che richiamava, piuttosto, la classe; e con un solo fine, il successo … ma traduci: la sopravvivenza sociale. La sua seducente corazza era a prova di tutto, colloqui lavorativi compresi.
Già, ma a che le serviva la patina quando poi, appena appena sotto la superficie, era solo un essere spaurito? Sorrideva, la rana, e il mondo le girava intorno come una trottola impazzita. Dagli e ridagli si accorse che non v’era nulla che fosse davvero suo. Non i parenti, figuriamoci gli amici o gli affetti e via di seguito. Ciascuno di essi inseguiva imperterrito un sogno, il proprio. L’insieme era bello, attraente, ma dico, ci fosse stato qualcuno un po’ attento, più sveglio!
Il tempo sembrava vorticoso, tant’è che nonostante fosse trascorso solo qualche attimo, la rana li rivide tutti mutati. Il ritornello di vita era identico, ma le fattezze via via più ingiallite. Come un foglio che il tempo fa opaco, quel mondo rivelava il suo volto. La rana si sentì fuori luogo, ma calma. Un conto è dire “rilassati”, ben altro ritrovarcisi dentro. Ma non era l’eco di un improbabile insight. No, dentro e fuori, a braccetto, un tutt’uno, risplendevano come il cielo dal riquadro della porta finestra. E poi dicono che non c’è Dio, il dio delle rane, s’intende.
Sìcché chiuse gli occhi e si lasciò cullare sull’onda di quella calma intrinseca, proiettata in una forma mentis che le rendeva il lightmotiv sinora inseguito, persino più ovvio. “No”, si ripromise, “per quanto sia in mio potere la mia vita non sarà un artefatto. Non esiste nulla di più sacro e persino santo che una vita autentica. Se non realizzo innanzitutto me stessa, qualunque conquista sarà sempre aleatoria. Primo, la mia meditazione, il resto verrà da sé.”