Terzo articolo introduttivo alla raccolta di poesie per meditare.
La prassi poetica consente di superare il mero ambito concettuale. L’esposizione alternativa sorprende la mente che non riesce più a reiterare se stessa in modo meccanico, ma è indotta a divenire auto-consapevole. Si schiude così un contesto limpido, incontaminato.
Ho veduto i miei occhi
ho veduto il mio volto
dentro quegli occhi
dietro quel volto
prima del sogno
io.
Mi spiego meglio. L’assuefazione a un dialogo interiore costante e continuativo stanca, debilita. Se la routine è troppo abitudinaria ci si sentirà perennemente condizionati. Ebbene, il cliché dello schema poetico rallenta l’elaborazione automatica di tesi, ipotesi, congetture, modera il ritmo, il flusso e riflusso dei pensieri per consentire qualche attimo di quiete, calma e silenzio. La propria vitalità aumenta. Si, perché in questo approccio non v’è nulla di metafisico o anticonvenzionale e la realtà rimane sempre la stessa.
In altre parole, le poesie per meditare, ovverosia quelle su cui meditare, ben lungi dal rappresentare unicamente la fuggevole e vantaggiosa intuizione di un qualche improbabile stato di coscienza alternativo, favoriscono, tanto più semplicemente, un intervallo, una sosta dalla totale ed esclusiva identificazione con il tran tran quotidiano. Che risultati attendersi?
Il rispetto delle convenzioni permane, è ovvio, ma d’ora innanzi si tratterà di una recita consapevole. Pur nel rispetto di ruoli e consuetudini, amore, sollecitudine e comprensione reciproca prevarranno sui soliti formalismi per affermare e dimostrare cosa sia davvero la libertà. Un’emancipazione individuale che prelude a quella collettiva?
Il mondo esteriore, come la poesia, non viene più subito, ma diventa lo strumento per la riscoperta della propria interiorità. Affrancati da qualunque sudditanza psicologica e sovrani intrinseci della propria recondita spiritualità.