La mia idea di fondo – il faro che mi guida in queste brevi discettazioni – è che ogni poesia debba servire necessariamente a qualcosa. Ad esempio, le “poesie per meditare” presenti in questa categoria sono concepite per favorire e soprattutto chiarire la meditazione.
Cos’è che stai facendo?
Osserva il respiro,
quando entra vai su o, perlomeno,
lo segui in un luogo indefinito.
Quando esce vai giù
e ne avverti, seppur solo
per pochi isolati e sparuti frangenti
l’incredibile assenza.
Mentre cammini percepisci
la pianta del piede
che di volta in volta poggia,
poi si solleva e ri-poggia.
Quindi taci o lo credi o t’illudi
e scruti il cielo, ma quello dentro
per afferrare al volo ogni pensiero
col solo scopo di sorridergli
o ignorarlo al meglio.
Oppure immagini,
di volta in volta, questo se non quello,
t’immergi, sorvoli, ti concentri,
ma lo neghi e pensi:
“Dio non voglia ch’io stia giocando
con la mente che mente” e vagheggi
che prima o poi potrai
uscirne fuori.
Ma tu, in realtà,
cos’è che stai facendo?
Che tu lo voglia o meno
– figlio di questi sacri antichissimi villaggi
del pianetino verde che ti accolse
e ti vorrebbe sempre –
tu, figlio modesto dimentico dell’essere,
stai solo … disciplinando la tua mente.