Gli Yoga Sutra di Patanjali sono una raccolta di 195 aforismi che espongono la scienza dello Yoga, ovvero il controllo delle attività mentali. Questi aforismi sono suddivisi in quattro capitoli che trattano rispettivamente di:
Samadhi Pada: il fine ultimo dello Yoga, che è la realizzazione della propria vera natura, libera da ogni sofferenza e illusione.
Sadhana Pada: le pratiche preliminari per raggiungere lo stato di Samadhi, che sono la disciplina etica (Yama e Niyama), la postura (Asana), il controllo del respiro (Pranayama) e il ritiro dei sensi (Pratyahara).
Vibhuti Pada: i poteri straordinari (Siddhi) che si ottengono con la concentrazione (Dharana), la meditazione (Dhyana) e l’assorbimento (Samyama), ma che non sono il fine ultimo dello Yoga.
Kaivalya Pada: la liberazione finale (Kaivalya) che si consegue quando si dissolve l’ignoranza (Avidya) che lega l’individuo (Purusha) alla natura (Prakriti).
Gli Yoga Sutra di Patanjali sono considerati il testo fondamentale dello Yoga classico, e sono stati commentati da numerosi maestri e studiosi nel corso dei secoli. Qui di seguito ne riportiamo alcuni frammenti essenziali, quelli che riteniamo più salienti, ossia più adatti allo studio che ci siamo da sempre prefissati, la meditazione.
Frammenti essenziali
I, 1 – Ora segue un’esposizione dello Yoga.
I, 2 – Lo Yoga è la scienza del controllo delle attività mentali.
I, 3 – Chi ha la mente completamente serena e stabile diventa consapevole della sua vera natura.
I, 4 – Per tutto il tempo che la mente resta attiva, l’uomo si identifica con la sua mente.
Omissis
I, 12 – Il controllo mentale si sffettua grazie all’ abhyasa (esercizio) e al vairagya (disaffezione).
I, 13 – L’abhyasa è lo sforzo persistente per dominare e controllare le diverse attività mentali.
I, 14 – Dopo una lotta lunga e ininterrotta, l’abhyasa, se applicato con scrupolo e devozione, diventerà un’abitudine, un modus vivendi.
I, 15 – Il vairagya è lo stato in cui si riesce a superare il desiderio delle cose e degli oggetti materiali.
I, 16 – Il vairagya assoluto deriva dalla consapevolezza del sé.
Omissis
I, 19 – Alcune persone nascono yogi.
I, 20 – Altri hanno successo nello Yoga solo grazie alla fede, agli sforzi persistenti, alla memoria e all’applicazione di un acuto intelletto.
I, 21 – Hanno successo nello Yoga e anche abbastanza in fretta quelle persone che lo vogliono con più forza.
I, 22 – La misura del successo nello Yoga dipende dal fatto se lo si cerca poco, con moderazione o intensamente.
Omissis
I, 30 – Malattie, negligenza e rilassamento, dubbio, disattenzione, pigrizia, interessi mondani, opinioni sbagliate, insuccessi e instabilità sono gli ostacoli che distraggono la mente.
I, 31 – Afflizione, disperazione, mancanza di controllo del corpo e respirazione irregolare sono i sintomi di una mente non controllata.
I, 32 – Per la rimozione degli ostacoli, dovrebbe esserci la pratica costante di un principio.
I, 33 – La mente si calma quando adotta un atteggiamento mentale di simpatia per la felicità, di compassione per l’infelicità, di allegria per il bene e di indifferenza al male.
I, 34 – La tranquillità mentale viene favorita anche dalla pratica di alcuni esercizi di respirazione.
I, 35 – La crescente forza delle facoltà mentali aiuta a rendere stabile la mente.
I, 36 – Anche la serenità della mente segue alla consapevolezza della luce interiore.
I, 37 – La mente si calma e si rassegna pensando a un altruista.
Omissis
I, 41 – Come un cristallo può riflettere i colori dell’ambiente circostante, così nella mente che ha eliminato ogni elemento perturbante, conoscente, conoscenza e oggetto della conoscenza diventano una cosa sola.
Omissis
II, 3 – Le cause della sofferenza sono avidya, asmita, raga, dvesa e abhinivesa.
II, 4 – Avidya è la ragione, la causa prima delle altre cause del dolore, siano esse sopite, difficilmente rilevabili, sporadiche o travolgenti.
II, 5 – Avidya significa scambiare il limitato, l’impuro, il dolore e il non io rispettivamente per l’eterno, il puro, il bene e il sé.
II, 6 – Asmita significa identificare il veggente con lo strumento delle sue visioni.
II, 7 – Raga, ossia l’affezione, deriva dal piacere.
II, 8 – Lo Dvesa, o avversione, deriva dal dolore.
II, 9 – L’Abhinivesa, o attaccamento smodato alla vita, domina anche il sapiente.
Omissis
II, 11 – Con la meditazione si devono sopprimere le manifestazioni dei cinque klesa (ostacoli).
II, 12 – Si possono acquistare le basi di partenza dei klesa dissolvendoli nel loro stato causale.
Omissis
II, 26 – La pratica ininterrotta della discriminazione è il mezzo per la distruzione dell’avidya, o non conoscenza spirituale.
Omissis
II, 28 – Con la pratica delle diverse fasi dello Yoga si distruggono le impurità della mente e si sviluppano la conoscenza spirituale e la consapevolezza della Realtà.
II, 29 – Gli otto gradi dello Yoga sono: Yama (astensione) – Niyama (osservanza) – Asana (posizioni yoga) – Pranayama (controllo della respirazione) – Pratyahara (ritrazione dei sensi) – Dharana (concentrazione) – Dhyana (meditazione) – Samadhi (identificazione).
II, 30 – Yama sono le astensioni dalle offese, la continenza, l’astensione dall’avidità, la sincerità e l’astensione dal furto.
Omissis
II, 32 – Niyama sono la purezza, l’appagamento, l’austerità, lo studio e la devozione per la divinità.
II, 33 – Per annientare i pensieri impuri, si dovrebbero meditare i pensieri opposti.
II, 34 – I pensieri e le azioni impure – leggeri, medi o intensi; commessi intenzionalmente, provocati o istigati; come sfogo di rabbia, di avidità o confusione – producono dolore, sofferenza e ignoranza. Si deve applicare quindi il metodo di sostituirli con pensieri opposti.
Omissis
II, 41 – Dalla purezza mentale deriva il buonumore, la capacità di concentrarsi e il controllo sui sensi. In questo modo la mente sarà pronta per la realizzazione del sé.
II, 42 – Dall’appagamento deriva una grande felicità.
II, 43 – Si arriva alla perfezione degli organi sensoriali e del corpo distruggendo le impurità per mezzo dell’austerità e dell’ascesi.
Omissis
II, 46 – Asana è una posizione yoga stabile e confortevole.
Omissis
II, 49 – Quando ci si è impadroniti di un asana, si ottiene di conseguenza il pranayama, o controllo della respirazione.
Omissis
II, 53 – Attraverso la pratica del pranayama la mente diventa pronta per il dharana.
II, 54 – Pratyahara è il distacco dei sensi dagli oggetti sensoriali.
Omissis
III, 1 – Il dharana è la condizione in cui la mente si concentra su un solo oggetto.
III, 2 – Il dhyana è la condizione in cui si fa continuamente attenzione all’oggetto della concentrazione.
III, 3 – Il samadhi è la condizione in cui si è coscienti solo dell’oggetto della meditazione e non si ha consapevolezza della mente.
III, 4 – Dharana, dhyana e samadhi insieme costituiscono il samyama.
III, 5 – Dalla piena padronanza del samyama deriva una conoscenza più elevata.
Omissis
III, 7 – Il dharana, il dhyana e il samadhi sono interiori rispetto alle cinque precedenti fasi.
III, 8 – Ma anche il dhyana e il samadhi sono esterni in rapporto al nirbija samadhi.
III, 9 – Il nirodha parinama, o sviluppo dell’arresto degli stati di coscienza, è la trasformazione con cui la mente si viene abituando al momento dell’arresto degli stati di coscienza esistente tra un pensiero in partenza e un pensiero in arrivo.
Omissis
IV, 29 – Se si resta disinteressati anche di fronte alla spiegazione più grande e si è in grado di praticare la discriminazione più alta, ne seguirà il dharma-mega-samadhi.
Omissis
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