Un eccesso di aspettative nei riguardi della meditazione è, spesso e volentieri, proprio il motivo principale per cui essa fallisce. Può accadere pure che gli apparenti progressi, faticosamente conseguiti si dissolvano per un nonnulla, alla prima folata di destino inclemente, al primo capriccio di un fato più supposto che reale. I condizionamenti pregressi sono ben difficili da superare. Le onde dell’irrequietezza non si calmano solo perché la corrente che le agitava ha esaurito la propria inerzia, ma solo quando si diventa consapevoli che in realtà non c’erano onde né, tanto meno, corrente…
«Gran parte dell’oppressione causata dall’angoscia deriva dalla convinzione che dovremmo essere diversi. Soprattutto dopo qualche anno di pratica, crediamo di non dover essere ancora così reattivi. Siamo convinti che dovremmo aver superato il condizionamento. Ma la pratica non funziona così.
Una visione più accurata di quel che accade è questa: all’inizio abbiamo al guinzaglio un cocciuto cane danese che ci trascina quando e dove vuole. Dopo molti anni continuiamo a sentire gli strattoni al guinzaglio e a udire il guaito del cane che vuole muoversi. Il condizionamento è ancora lì. Ma quando guardiamo il cane, ci accorgiamo che adesso è solo un chihuahua. Per averci a che fare, tutto quello che dobbiamo fare è lasciarlo guaire a volontà e consentirgli di dare leggeri strattoni al guinzaglio.»
[ Da: Ezra Bayda, “Essere zen. Portare la meditazione nella vita“ ]
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– Ezra Bayda (macrolibrarsi)
– https://en.wikipedia.org/wiki/Ezra_Bayda