Ti sei mai soffermato sul fatto che il nostro modo di comunicare, ben lungi dal limitarsi a trasmettere i puri e semplici significati di ciò che vorremmo esprimere, se non descrivere, dipende soprattutto dalla propria comprensione interiore? Senza contare poi quanto la parola scritta non àlteri e quindi travisi ulteriormente i significati originari. Piuttosto che riferire idee, in realtà alludiamo sempre a noi stessi. Infine, sarebbe meglio riflettere a lungo sul significato reale di quanto ci capita di leggere perché in effetti cerchiamo soprattutto conferme…
«Denominare, connotare, significare comporta sempre un rinvio ad altro dal nome, dal significante, implica sempre un rimando all’istanza decisiva che è l’esperienza interiore, silenziosa e meditativa del significato. Accettare tutte le conseguenze della necessaria divergenza tra significante e significato porta a diffidare del linguaggio discorsivo, specie quando sia scritto.
La parola scritta è, infatti, il segno di un segno, è il significante al quadrato, allontanato del doppio dal significato. Di questa diffidenza occorre armarsi, se si vuole intendere la filosofia delle scuole antiche di cui fu un cardine. Ne parla il finale del Fedro, la cui portata è immensa. La parola scritta, dice Socrate, aiuta a richiamare alla mente, ma rovina la mente. Fatalmente l’esteriorità dei significanti scritti sostituisce ed estingue il significato interiore.
Degli scritti Socrate argomenta: “Crederesti che essi parlino esprimendo un pensiero, ma se mosso dal desiderio di capire fai loro qualche domanda, essi ti annunciano sempre soltanto una stessa unica cosa. Inoltre una volta scritto, un discorso rotola da tutte le parti restando sempre il medesimo, sia fra coloro che se ne intendono come fra coloro ai quali è estraneo.” Socrate conclude che perciò il filosofo scriverà soltanto per gioco, per divertirsi, tanto per far festa o annotare personalmente un pensiero: non illudendosi di comunicare idee.
Una scrittura socratica è agli antipodi della redazione di norme, di precetti imperativi. Un’idea – insegna Socrate, – non ci giunge dall’esterno: deve germogliarci nell’intimo, e per far che nasca in altri occorre agire con loro come fa l’agricoltore con la terra: egli prepara al suolo, lo concima, lo semina, cura i germogli e protegge gli steli. Fra gli strumenti dell’agricoltura di idee, possono servire anche i discorsi, purché cambino di continuo, purché con significanti sempre diversi si risponda via via alle interrogazioni che il destinatario farà sul significato. I migliori discorsi, conclude Socrate, non fanno che suscitare il ricordo in coloro che già sanno. Si è mai meditata a fondo questa frase?»
(Da: “Verità segrete esposte in evidenza” di Elémire Zolla)
Elémire Zolla (Torino 1926 – Montepulciano 2002) è stato uno scrittore, filosofo e storico delle religioni italiano, conoscitore di dottrine esoteriche e studioso di mistica occidentale e orientale.
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