In questo articolo – un ampio commento zen al Sandokai di Shunryu Suzuki-Roshi – vorrei presentare alcuni argomenti zen che possono aiutare a sviluppare una visione più ampia e profonda della vita. Lo zen è una scuola di buddismo che enfatizza la meditazione e l’esperienza diretta della realtà. Lo zen ci insegna – in particolare – a trovare ogni cosa all’interno di noi stessi, senza dipendere da concetti o dottrine. Lo zen ci invita – soprattutto – a realizzare la grande mente che comprende ogni cosa e a praticare di conseguenza, seguendo determinati precetti morali e talune regole monastiche. Lo zen – infine – non è una filosofia o una religione, ma un modo di vivere in armonia con sé stessi e con gli altri.
«Sono molto grato di avere la possibilità di parlare del Sandokai, uno dei nostri insegnamenti più importanti. È un testo così scorrevole che nel leggerlo potrebbe sfuggirvi il suo profondo significato. L’autore di questi versi, Sekito Kisen (o Sekito Musai Daishin, il suo nome postumo) è il nipote di dharma del sesto patriarca cinese, Daikan Eno (in cinese, Dajian Huineng), e il diretto discendente di Seigen Gyoshi (cin. Qingyuan Xingsi), che viene considerato il settimo patriarca. Fra i molti discepoli del sesto patriarca, i più importanti furono Seigen Gyoshi e Nangaku Ejo. In seguito, il maestro Tozan Ryokai continuò la discendenza di Seigen dando origine alla scuola soto, e il maestro Rinzai Gigen (cin. Linji Yixuan) continuò la discendenza di Nangaku fondando la scuola rinzai. La scuola soto e la scuola rinzai divennero infine le scuole dominanti dello zen.
La via di Seigen e Sekito è meno aspra di quella di Nangaku. In Giappone la chiamiamo ‘la via del fratello maggiore’. Nangaku è più come il secondo o terzo figlio, che spesso è più indisciplinato. Il fratello maggiore può non essere tanto abile o tanto brillante, ma è molto buono. Ecco cosa intendiamo quando parliamo così delle scuole soto e rinzai. A volte lo zen soto è chiamato memmitsu no kafu, “uno stile molto attento e rispettoso”. La via di Seigen consiste nel trovare ogni cosa all’interno di se stessi. Nel realizzare la grande mente che comprende ogni cosa e nel praticare di conseguenza.
Nello zen ci sforziamo di osservare ogni cosa così com’è (Nota – Suzuki Roshi coniava locuzioni nuove per esprimersi in modo non dualistico. Ad esempio, usava spesso la frase “le cose così come sono”, per indicare la natura fondamentale della realtà, qualcosa al di là delle parole). Tuttavia, anche se lo diciamo, non è detto che osserviamo ogni cosa così com’è: Diciamo: “Qui è il mio amico, lì la montagna e lassù c’è la luna”. Ma il vostro amico non è solo il vostro amico, la montagna non è solo la montagna, e la luna non è solo la luna. Se pensiamo: “Io sono qui e la montagna è lì”, questa è una maniera dualistica di osservare le cose. Per andare a San Francisco dobbiamo attraversare i monti di Tassajara. Questa è la nostra interpretazione comune delle cose, ma non è quella buddhista. Noi troviamo la montagna o la luna o il nostro amico o San Francisco dentro noi stessi. Proprio qui. È la grande mente entro la quale esiste ogni cosa.
Ora, esaminiamo il titolo, Sandokai. San letteralmente significa ‘tre’, ma qui significa ‘cose’. Do è identità. Identificare una cosa con un’altra è do. Può anche riferirsi all”unità’ o a ‘tutto il proprio essere’, che in questo contesto significa ‘grande mente’. Quindi per noi c’è un essere totale che include ogni cosa, e le molte cose sono contenute in quell’essere totale e uno. Nonostante diciamo ‘molti esseri’, essi sono in realtà le molte parti di un essere totale che include ogni cosa. Se dici ‘molti’ è molti, e se dici ‘uno’ è uno. ‘Molti’ e ‘uno’ sono maniere differenti di descrivere l’essere totale. Capire completamente la relazione fra il grande essere totale e i suoi molti aspetti è kai. Kai significa stringere la mano. Esprime un senso di amicizia, la sensazione di essere una persona sola. Alla stessa maniera, questo unico grande essere totale e le molte cose sono buoni amici, o più che buoni amici perché originariamente sono uno. Perciò, come quando ci stringiamo la mano, diciamo kai. “Ciao, come stai?”. Questo è il significato del titolo Sandokai. Cosa è i molti? Cosa è uno? E cosa l’unità di uno e molti?
Originariamente, Sandokai era il titolo di un testo taoista. Sekito diede lo stesso titolo ai suoi versi, che descrivono gli insegnamenti del Buddha. Qual è la differenza fra gli insegnamenti taoisti e quelli buddhisti? Vi sono molte somiglianze. Quando lo legge un buddhista, è un testo buddhista, quando lo legge un taoista, è un testo taoista. Eppure in effetti è la stessa cosa. Quando un buddhista mangia dell’insalata, l’insalata è un cibo buddhista, e quando la mangia un vegetariano, è un cibo vegetariano. Eppure è solo cibo.
Come buddhisti, non mangiamo un certo ortaggio perché ha una speciale qualità nutritiva, non lo scegliamo perché è yin o yang, acido o alcalino. Semplicemente, mangiare il cibo è la nostra pratica. Non mangiamo solo per mantenerci in vita. Come diciamo nel canto che ripetiamo prima dei pasti, “Per praticare la nostra via, mangiamo questo cibo”. Ecco come la grande mente entra nella nostra pratica. Pensare: “Questa è solo un’insalata” non fa parte del nostro modo di intendere le cose. Dobbiamo trattare le cose come parti di noi stessi, della nostra pratica e della grande mente. La piccola mente è la mente soggetta alla limitazione dei desideri o di un particolare colore emotivo, o della discriminazione fra bene e male. Così, per lo più, anche se crediamo di osservare le cose così come sono, di fatto non lo stiamo facendo. Perché? A causa della nostra discriminazione, o dei nostri desideri. La via buddhista consiste nello sforzarsi di lasciare andare questo tipo di discriminazione emotiva fra bene e male, di lasciare andare i nostri pregiudizi, e di vedere le cose così come sono.
Quando dico di vedere le cose così come sono, quello che intendo è di praticare intensamente con i nostri desideri, non per liberarsi dei desideri, ma per prenderli in considerazione. Se avete un computer, dovete inserirvi tutti i dati: un po’ di desiderio, un po’ di nutrimento, questo tipo di colore, un po’ di peso. Dobbiamo includere i nostri desideri come uno dei molti fattori per vedere le cose così come sono. Non sempre riflettiamo sui nostri desideri. Senza fermarci a riflettere sul nostro giudizio egoista diciamo: “Lui è buono” oppure: “Lui è cattivo”. Ma qualcuno che è cattivo per me non è necessariamente sempre cattivo. Per qualcun altro, potrebbe essere un’ottima persona. Riflettendo in questo modo possiamo vedere le cose così come sono. Questa è la mente di buddha.
Il Sandokai inizia con le parole Chikudo daisen no shin, che significano “la mente del grande saggio dell’India”. Questa è la grande mente del Buddha che include ogni cosa. La mente che abbiamo durante la pratica dello zazen è la grande mente: non cerchiamo di vedere niente; fermiamo il pensiero concettuale; fermiamo l’attività emotiva; stiamo seduti e basta. Qualunque cosa ci accada, non ne siamo turbati. Stiamo semplicemente seduti. È come qualcosa che accade nel grande cielo. Qualunque tipo di uccello lo attraversi in volo, al cielo non importa. Questa è la mente che ci ha trasmesso il Buddha.
Molte cose accadono mentre state seduti. Potete udire il suono del ruscello. Potete pensare a qualcosa, ma la vostra mente non se ne cura. La vostra grande mente è semplicemente lì seduta. Persino quando non siete consapevoli di vedere, udire o pensare, qualcosa sta accadendo nella grande mente. Osserviamo le cose. Senza dire ‘buono’ o ‘cattivo’, semplicemente stiamo seduti. Godiamo delle cose senza avere nessun attaccamento particolare nei loro confronti. Le apprezziamo pienamente, tutto qui. Dopo lo zazen diciamo “Oh, buon giorno!” In questa maniera, una dopo l’altra, le cose ci accadranno e potremo apprezzarle pienamente. Questa è la mente trasmessa dal Buddha. Ed è così che pratichiamo lo zazen.
Se praticate lo zazen in questo modo, siete meno soggetti ad aver problemi nel godervi un evento. Capite? Potreste avere un’esperienza speciale e pensare: “Ecco. È così che dovrebbe essere”. Se qualcuno vi contraddice vi arrabbìerete. “No, dovrebbe essere così, non in quell’altra maniera. Il Centro Zen dovrebbe essere così”. Forse è così. Ma non è sempre così. Se i tempi cambiassero e perdessimo Tassajara e ci spostassimo su un’altra montagna, la via che abbiamo qui non potrebbe essere la stessa che avremmo lì. Così, senza attaccarci a una particolare via, apriamo la mente per osservare le cose così come sono e per accettare le cose così come sono. Senza questa base, quando dite: “Questa è la montagna,” o “Questo è il mio amico,” o “Questa è la luna”, la montagna non sarà la montagna, il mio amico non sarà il mio amico, e la luna non sarà la luna. Questa è la differenza fra l’attaccarsi a qualcosa e la via del Buddha.
La via del Buddha consiste nello studio e nell’insegnamento della natura umana, compreso quanto siamo sciocchi, che tipo di desideri abbiamo, le nostre preferenze, le nostre tendenze. Senza aderire a qualcosa, cerco di ricordarmi di usare l’espressione ‘soggetto a’. Siamo soggetti, o abbiamo la tendenza a fare qualcosa. Questo è il mio motto.
Mentre preparavo il discorso qualcuno mi ha chiesto: “Cos’è il rispetto per se stessi, e come possiamo ottenerlo?”. Il rispetto verso se stessi non è qualcosa che potete sentire di avere. Quando sentite: “Ho rispetto di me stesso”, non è più rispetto. Quando siete semplicemente voi stessi, senza pensare o cercare di dire qualcosa di speciale, dicendo semplicemente quel che avete in mente e le vostre impressioni, allora c’è naturalmente rispetto per se stessi. Quando sono in stretta relazione con tutti voi e con tutte le cose, allora sono parte di un grande essere totale. Quando sento qualcosa, sono quasi una parte di esso, ma non del tutto. Quando fate qualcosa senza avere la sensazione di aver fatto qualcosa, allora siete davvero voi stessi. Siete completamente con tutti senza essere consapevoli di voi stessi. Questo è rispetto verso se stessi.
Quando sentite di essere qualcuno, dovete praticare lo zazen più intensamente. Come sapete, è difficile stare seduti senza pensare o senza provare nulla. Quando non pensate o non provate nulla generalmente vi addormentate. Ma la nostra pratica è essere noi stessi, senza dormire e senza pensare. Quando sarete in grado di farlo, sarete capaci di parlare senza pensare troppo, e senza avere nessun proposito speciale. Quando parlerete o agirete sarà semplicemente per esprimervi. Questo è il rispetto completo per se stessi, e praticare lo zazen vuol dire ottenere tale rispetto. Dovete essere severi con voi stessi e in particolare con le vostre tendenze. Ognuno di noi ha le proprie tendenze personali. Ma se cercate di liberarvene, o se cercate di non pensare o di non sentire il suono del ruscello durante lo zazen, non è possibile. Lasciate che le vostre orecchie odano senza cercare di udire. Lasciate che la mente pensi senza cercare di pensare e senza tentare di fermarla. Questa è la pratica.
Questo ritmo o forza si svilupperà sempre di più in voi come il potere della pratica. Se praticherete intensamente sarete come un bambino. Mentre parlavamo di rispetto verso se stessi, fuori cantava un uccello. Cip cip cip. Questo è rispetto per se stessi. Cip cip cip. Non significa nulla. Forse stava solo cantando. Forse cantava senza cercare di pensare che stava soio cantando, cip cip cip. Quando lo abbiamo udito non abbiamo potuto fare a meno di sorridere. Non possiamo dire che sia solo un uccello. Controlla la montagna intera, il mondo intero. Questo è rispetto per se stessi.
Per avere questa pratica quotidiana, studiamo intensamente. Quando arriviamo a questo punto, non c’è più bisogno di dire ‘essere totale’ o ‘uccello’ o ‘molte cose contenute nell’essere totale’. Potrebbe essere solo un uccello, o una montagna o il Sandokai. Se lo capite, non ci sarà più bisogno di recitare il Sandokai. Anche se lo recitiamo in questa versione nippo-cinese, non si tratta di una questione di giapponese o cinese. È solo un componimento, o un uccello, e questo è solo il mio discorso. Non significa poi molto. Diciamo che lo zen non è qualcosa di cui parlare. È quello che sperimentate realmente. È difficile. Ma ad ogni modo, questo è un mondo difficile, per cui non preoccupatevi. Dovunque andiate avrete problemi. Dovreste confrontarvi con i vostri problemi. Potrebbe essere di gran lunga meglio avere questi problemi con la pratica, che avere altri tipi di problemi confusi.»
(Da: Rami d’acqua scorrono nell’ombra. Commento zen al Sandokai – Shunryu Suzuki-Roshi)
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– Fonte