I criteri con cui la mente umana giudica sé stessa e gli altri, nonché tutti gli accadimenti che di volta in volta animano, rallegrano o turbano il nostro intenso, ma più spesso volubile viver quotidiano, sono relativi. Sembra che la felicità ci sfugga di continuo, che sia a un passo dal realizzarsi, ma la meta si dilegua ininterrottamente. Il problema è che la mente si basa esclusivamente sulla ragione invece che sul dubbio di “ciò che è” davvero la vita, riflette perentoriamente Alan Wilson Watts, celebre autore e filosofo orientalista (buddhismo Zen, taoismo, induismo). Leggiamo i suoi appunti.
Dobbiamo esaminare questa natura che è diventata consapevole in noi e scoprire se essa sia veramente in conflitto con sé stessa. (Alan Watts)
«Se i nostri desideri non si accordano con qualcosa che il mondo finito ci possa offrire, potrebbe sembrare che la nostra natura non sia di questo mondo, che il nostro cuore non sia fatto per il finito bensì per l’infinito. Lo scontento del nostro animo sarebbe il segno e il sigillo della sua natura divina.
Ma il desiderio di qualche cosa prova forse che la cosa esiste? Sappiamo che non lo prova affatto.
Ci può consolare il pensiero che siamo cittadini di un altro mondo e che, dopo il nostro esilio sulla terra, potremo tornare nella vera patria dei desideri del nostro cuore.
Ma se siamo cittadini di questo mondo, e se non può esservi alcuna soddisfazione finale per lo scontento dell’animo, dando origine all’uomo la natura non ha forse commesso un errore madornale? Sembrerebbe in realtà che nell’uomo la vita sia in disperato conflitto con sé stessa.
Per essere felici dobbiamo avere ciò che non possiamo avere. Nell’uomo la natura ha generato desideri che è impossibile soddisfare. Perché beva più compiutamente alla fonte del piacere, gli ha creato delle capacità che lo rendono più suscettibile al dolore. Ci ha dato un’esigua facoltà di controllo sul futuro — ma a prezzo della frustrazione di sapere che alla fine dovremo soccombere alla sconfitta.
Se troviamo che questo è assurdo, ciò vuol dire solo che la natura ci ha dato l’intelligenza per rimproverarsi la propria assurdità. La coscienza sembra un’ingegnosa trovata della natura per autotorturarsi.
Naturalmente non vogliamo credere che ciò sia vero. Ma sarebbe facile mostrare come per lo più i ragionamenti intesi a sostenere il contrario scambino il desiderio per la realtà, siano un metodo escogitato dalla natura per rimandare il suicidio in modo che l’idiozia possa continuare.
Dunque ragionare non basta. Dobbiamo andare più a fondo. Dobbiamo esaminare in profondità questa vita, questa natura che è diventata consapevole in noi, e scoprire se essa sia veramente in conflitto con sé stessa, se desideri davvero la sicurezza e la mancanza di dolore di cui non riescono mai a godere le sue forme individuali.»
(Da: “La saggezza del dubbio. Messaggio per l’età dell’angoscia.”, Alan W. Watts)
– Alan W. Watts – Macrolibrarsi.it
– Alan Watts – Amazon
– Alan Watts – Wikipedia