In un breve excursus attraverso la saggezza senza tempo, il testo ci guida lungo il sentiero del Mahayana, dove l’intelligenza trascendente e la compassione universale si fondono in un insegnamento profondo. Il maestro, erede di una nobile stirpe indiana, abbraccia la vita monastica per perpetuare l’eredità dei saggi. La sua dottrina, radicata nella quiete e nella vacuità della mente, si rivela un faro per i discepoli sinceri, guidandoli verso la pacificazione interiore e la pratica autentica. Questa introduzione ci invita a esplorare le quattro pratiche fondamentali del Dharma, offrendoci una chiave per comprendere la vera natura dell’esistenza e per intraprendere un cammino di liberazione e risveglio spirituale.
Prefazione del discepolo Tanlin
«Il maestro era originario dell’India meridionale ed era il terzo figlio di un re del paese dei bramini. La sua portentosa intelligenza era chiara, comprendeva tutto ciò che ascoltava; si risolse a seguire la Via del Mahayana (Grande Veicolo) e abbandonò quindi il laicato per seguire la vita monastica, portando avanti il prospero lignaggio dei saggi. Con la sua mente profonda, vuota e quieta esaminò totalmente le cose, comprendendo completamente l’interno e l’esterno, superando con la virtù le apparenze dell’esistenza; la sua compassione e la sua sollecitudine riempirono ogni angolo del mondo.
Il vero insegnamento era caduto in declino, perciò egli da lungi attraversò monti e mari, pellegrinando e insegnando nel Regno di Wei (in Cina). Coloro che coltivavano il quieto silenzio della vacuità della mente non potevano evitare di credergli; coloro che nutrivano pregiudizi lo calunniavano. A quel tempo vi erano solamente Daoyu e Huike, due monaci che, benché giovani, possedevano talenti e volontà elevati e di lunga portata. Con fortuna, avendo incontrato il maestro, lo servirono per molti anni, con sincero rispetto chiedendone l’insegnamento e rettamente incontrando gli intenti del maestro. Il maestro, commosso dalla loro purezza e sincerità, insegnò loro la retta Via, conducendoli a comprendere come pacificare la mente, come sviluppare la pratica, come conformarsi alle cose, come applicare i metodi opportuni. Questo è il metodo di acquietare la mente del Grande Veicolo che non conduce ad alcun errore.
Coloro che in questo modo pacificano la mente “contemplano il muro”; coloro che in questo modo seguono l’insegnamento coltivano le quattro pratiche; coloro che in questo modo si conformano alle cose prevengono calunnia e odio; coloro che in questo modo utilizzano i metodi opportuni bandiscono ciò che non è adatto. Il discorso seguente è causa di questa breve prefazione.»
Breve trattato del maestro Bodhidharma sulla duplice entrata nella Via e le quattro pratiche
«Vi sono molti modi per entrare nella Via, ma fondamentalmente ne esistono soltanto due: uno è l’entrare attraverso il principio, l’altro è l’entrare attraverso la pratica. Entrare attraverso il principio significa comprendere la sorgente mediante le istruzioni e credere profondamente che tutti gli esseri senzienti condividono la stessa vera natura, che non è manifesta perché è schermata dalla polvere dei pensieri illusori. Coloro che eliminano l’illusione e ritornano al vero, meditando contro il muro (contemplando come il muro), senza concetti di sé o di altro, profano o sacro, dimorano con fermezza e non seguono più le scritture. Sono in accordo completo e tacito con il principio. Senza alterarsi, senza sforzo, entrano, si dice, attraverso il principio.
Entrare attraverso la pratica rinvia alle quattro pratiche che includono tutte le altre. Quali sono queste quattro? La prima, accettare le avversità; la seconda, conformarsi alla causalità; la terza, non cercare nulla; la quarta, attenersi al Dharma.»
1) Cosa significa accettare le avversità?
«Quando un uomo che pratica la Via incontra sofferenze deve dire a se stesso: “Da tempi immemorabili sono ricomparso innumerevoli volte, ho ignorato l’essenziale e seguito ciò che è insignificante; ho vagato attraverso tutte le forme di esistenza, dando origine a errori e avversioni, compiendo innumerevoli trasgressioni. Ora, sebbene non faccia del male, raccolgo i frutti del passato; né i deva né gli uomini possono prevedere quando il karma negativo maturerà. Accetto di buon cuore le sofferenze senza mai lamentarmi o risentirmi.” I sutra dicono: “Incontrando la sofferenza non si è afflitti. Perché? Perché si comprende chiaramente.” Con tale comprensione si è in armonia col principio e pur tra le avversità si procede nella Via. Ecco cosa si intende per accettare le avversità.»
2) Cosa significa conformarsi alla causalità?
«Gli esseri senzienti non hanno natura propria, ma sono prodotti dalle condizioni karmiche. Anche le sofferenze e le gioie che ricevono sono sorte dalle condizioni. Se si è ricompensati dalla fortuna, quale gloria, onore e simili, ciò è il frutto dei semi piantati nel passato. Ma quando le forze del karma si esauriscono, essa finisce. Quindi perché gioirne? Tuttavia mentre il fallimento e il successo dipendono dalle condizioni, la mente non cresce né diminuisce. Coloro che non sono trascinati dai venti della gioia e del dolore, si accordano profondamente alla Via. Ecco cosa si intende per conformarsi alla causalità.»
3) Cosa significa non cercare nulla?
«Gli uomini mondani sono sempre confusi, desiderano sempre qualcosa; ciò è detto cercare. Il saggio invece si desta alla realtà e col principio vive nella quotidianità. La sua mente quieta dimora nell’incondizionato, e il suo corpo muta secondo le stagioni. I diecimila fenomeni sono vuoti, perciò non c’è nulla che valga la pena di desiderare. La luminosità della buona sorte e l’oscurità della cattiva si alternano continuamente. Dimorare per troppo tempo nei tre mondi del samsāra è come vivere in una casa in fiamme. Avere un corpo significa inevitabilmente soffrire. Chi potrà dunque realizzare la quiete? Chi lo comprende chiaramente rinuncia a ogni esistenza, calma i pensieri e non cerca più nulla. I sutra dicono: “Dove c’è cercare c’è sofferenza; non cercare è proprio la felicità.” Perciò non cercare è realmente praticare la Via. Ecco cosa si intende per non cercare nulla.»
4) Cosa significa attenersi al Dharma?
«Il Dharma è il principio secondo il quale la natura (originaria) è pura. Secondo questo principio tutti i fenomeni sono vuoti. Non c’è contaminazione, né attaccamento, né soggetto, né oggetto. I sutra dicono: “Nel Dharma non esistono esseri senzienti, per cui è libero dalla contaminazione dell’essere; nel Dharma non esiste ego, per cui è libero dalla contaminazione dell’ego.” Quando il saggio comprende questo principio e crede in esso, pratica conformemente al Dharma. Poiché nell’essenza del Dharma non c’è desiderio di possesso, il saggio è sempre pronto a praticare la generosità con il suo corpo, la sua vita e proprietà, senza rimpianti, realizzando che dono, donatore e ricevente sono vuoti, senza parzialità né attaccamenti. Per purificare le impurità vive tra gli esseri senzienti istruendoli, senza tuttavia afferrarsi alla forma. Così attraverso la propria pratica è in grado di aiutare gli altri e glorificare la Via del risveglio. Allo stesso modo in cui esercita la generosità, coltiva anche le restanti cinque paramita (moralità, pazienza, vigore, meditazione, saggezza). Coltivando le sei paramita per eliminare i pensieri illusori in realtà non pratica nulla. Ecco cosa si intende per attenersi al Dharma.»
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– Fonte
– Bodhidharma – Wikipedia