Il racconto di George I. Gurdjieff – come accade sovente nelle narrazioni di natura prevalentemente esoterica – è un po’ sibillino. Prima di procedere rammentiamo speditamente due punti che ci aiuteranno via via a inquadrare meglio il contesto: in primis, la condizione di schiavitù è peculiare dell’inconsapevolezza; in secondo luogo, l’accettazione è un tipico atteggiamento mistico. Ora una parentesi, più che altro una spicciola questione preliminare: chi sono i veri schiavi, quelli vessati e soggiogati psicologicamente o i soggetti tiranneggiati da un ordine sociale relativamente dispotico? Bene, a che pro queste domande? Per conseguire la liberazione – si tratta beninteso di concetti che riguardano la trascendenza –, per realizzare il risveglio, è indispensabile la più totale presenza di spirito.
“Luqman era un saggio. Aveva capito il senso della vita e il valore della conoscenza.
Tuttavia la sua esistenza fu piuttosto difficile, perché Luqman era uno schiavo.
Fu venduto a un ricco signorotto arabo, che lo impegnò in mille servizi. In breve tempo, però, il padrone riconobbe le qualità di Luqman, e lo schiavo divenne il suo preferito.
«La vita ha infierito su di te, Luqman, impedendoti di essere un uomo libero. Ma le tue conoscenze ti permettono di non essere soffocato dalla schiavitù. E inoltre, col tuo spirito, puoi librare altrove, in cieli più limpidi.»
Lo schiavo saggio godeva della simpatia del padrone. L’uomo non assaggiava cibo, se prima non lo aveva condiviso con Luqman. Ciò era ormai un’abitudine. Il signorotto lo faceva per dimostrare a Luqman un sincero apprezzamento delle sue qualità spirituali.
D’altra parte egli aveva deciso di liberare lo schiavo, non appena se ne fosse presentata l’occasione.
«Uno come Luqman non deve vivere in cattività. Ma gli renderò la libertà solo quando scoprirò che la sua gratitudine nei miei confronti è immensa.»
Un giorno, i mercanti d’una città vicina portarono al signorotto una partita d’angurie, assai succulente a prima vista. Come al solito, prima di mangiarle l’uomo le sottopose al giudizio di Luqman.
Lo schiavo mangiò una porzione d’anguria, con grande partecipazione. Sembrava proprio, a giudicare dall’atteggiamento di Luqman, che il frutto fosse prelibato. Così il signorotto decise, senza esitare, di mangiare la sua parte. Dopo pochi istanti, però, dovette smettere. Disgustato, stava addirittura per sputare l’anguria!
L’uomo andò su tutte le furie, e se la prese con lo schiavo. La possibilità della liberazione di Luqman stava forse per svanire?
«Quest’anguria ha un sapore insopportabile, tanto è acre! Perché non me l’hai detto, Luqman? Pensavo che fossi sempre sincero con me!»
Umilmente, lo schiavo rispose:
«Padrone! Sono sempre sincero con te. Ma non puoi chiedermi di criticare le cose che mi offri. Non oso farlo, perché sarei un ingrato. Io dipendo da te e dalla tua bontà. I tuoi doni saranno sempre ben accetti, anche se riguardassero cose ripugnanti. D’altra parte, per me non sarebbero tali. Tutto ciò che mi dai è buono, poiché lo offri generosamente.»
Il signorotto capì che Luqman aveva sacrificato il proprio gusto personale in favore della sua immensa gratitudine. Così, capì che era giunto il momento di liberare lo schiavo saggio.”
– George I. Gurdjieff –
– Georges I. Gurdjieff (amazon)
– George I. Gurdjieff (macrolibrarsi)
– Aforismi di G. I. Gurdjieff (1869-1949)
– Georges Ivanovič Gurdjieff – Wikipedia
– Quarta Via – Wikipedia