– Spigolature spirituali – 5° – Articolo del 2006 –
Sofferenza
Certo, uno magari piange, soffre, però non deve attaccarsi a quella stessa sofferenza che provoca il pianto. Essere consapevoli corrisponde ad attribuire a ciascun evento il giusto valore. Innanzitutto bisognerebbe essere in grado di distinguere temporaneamente la componente fisica del dolore da quella psicologica. Dopodiché, rammentare che benessere e patimento sono solo situazioni temporanee. Non intendo illusioni, ma circostanze in continua evoluzione. Infine sperimentare e prendere atto che quanto più si è consapevoli, tanto meno si soffre, in tutti i sensi possibili, sia emotivamente che fisicamente.
Ora, se è piuttosto facile comprendere il lato psicologico di ciò che sembra distacco, un po’ meno lo è in senso propriamente fisico. Tuttavia è utile rammentare che con il procedere della consapevolezza corpo e mente non risultano essere separati, bensì modalità percettive di una realtà unica, la “gioia”. Ci si comincia a rendere conto che la sofferenza e colui che soffre non sono distinti, e che poiché non sono nemmeno distanti, svaniscono gradualmente. In che modo? Un flusso di “misteriosa” energia lambisce e lenisce inspiegabilmente le proprie afflizioni. Tali considerazioni non sono teoria. Seppur in modo certamente semplificato, parziale, ridotto e limitatamente a circostanze specifiche ne ho avuto esperienza e sentore.
Amare senza soffrire
In risposta ad un un interlocutore sostenitore dell’idea che non è possibile amare senza soffrire.
E invece è possibile amare senza soffrire! E’ il proprio ego che soffre, la propria possessività. Altrimenti non è religione, ma scempio. Gli altruisti non soffrono psicologicamente perché gioiscono per il bene altrui. E quando invece sono gli altri a patire allora si adoperano per soccorrere, lenire. Esiste un amore, una gioia che si può conseguire con la meditazione o con un giusto modo di pregare, ma a condizione di essere sinceri e compassionevoli con chiunque. Sinceri e compassionevoli, ma solo dopo aver acquisito la certezza che, in realtà, non esistono differenze tra il me, il te o il Sé. L’irriducibile certezza che siamo “uno in tutti e tutti nell’uno”.
Grazie per la cortese attenzione.