Che cosa è l’ecoterrorismo? La prassi di qualche nuova idea violenta ed eccentrica? Niente affatto. L’ecoterrorismo è piuttosto antico. Ma la drammaticità dei recenti eventi catastrofici ha dimostrato che i suoi tragici effetti non si limitano più ad aree geografiche specifiche e circoscritte. Interessano, invece, il nostro pianeta nel suo complesso. La manomissione e le ferite inferte all’ambiente sono state così incisive da diffondersi rapidamente e dovunque. Sono divenute globali. Un solo dato: oramai è molto probabile che l’effetto serra stia divenendo irreversibile.
Chi sono gli ecoterroristi? Singoli individui, responsabili di brutali modifiche inferte all’habitat? Gruppi circoscritti, fautori dei più incredibili e inverosimili disastri ambientali? Se fosse così semplice avremmo risolto metà del problema. In realtà siamo noi stessi quando deleghiamo i nostri rappresentanti politici. Non dimentichiamolo mai: lo sviluppo selvaggio, lo sfruttamento indiscriminato delle risorse planetarie hanno prodotto siccità, fame e inquinamento.
L’ignominiosa violenza criminale perpetrata danneggiando l’habitat naturale non è affatto, come taluni sostengono, il prezzo inevitabile da pagare per l’industrializzazione e lo sviluppo. Forse questa follia non sarà mai perseguita o punita dalla giustizia ordinaria. Ma se la situazione ambientale peggiorasse … nemmeno il più abile trasformismo riuscirebbe a salvare i cittadini rei … dalle ire sommarie, dal caos.
Numerosi “esperti” asseriscono che l’indifferenza ecologica persisterà fintantoché i costi delle catastrofi non diverranno insostenibili. Per ora l’unica alternativa immediata alla distruzione sistematica del nostro habitat è lo sviluppo sostenibile. La crescita indiscriminata non è evoluzione. La natura delle cose ammette solo il progresso tollerabile. Chi non si adegua a tale semplice ed elementare criterio suggerito unicamente dal buon senso è un incosciente.
I nodi cruciali da superare per risolvere l’aggressività implicita alla lenta, ma costante, devastazione in corso sono, a mio avviso: il rispetto della libertà, l’organizzazione del lavoro e il superamento delle dottrine o visioni egocentriche.
La libertà è un bene comune. E’ indispensabile precisarlo perché molte persone, o popoli, confondono il desiderio, l’urgenza o la necessità di perseguire e realizzare i loro esclusivi interessi, arbitrariamente e a discapito di chiunque, con la libertà. Ma quale libertà? Solo la propria?
Sarebbe il caso, parafrasando, di rammentare che il lavoro è fatto per l’uomo e non l’uomo per il lavoro! E’ indispensabile cercare un equilibrio tra le due esigenze. In ogni caso è fondamentale privilegiare il soggetto dell’eventuale contendere, cioè l’essere umano, e non il lavoro. Senza esagerare ed eccedere, nondimeno con il massimo rispetto.
Quali sono le origini ideologiche di cotanto scempio? Dove sono disseminate le trappole dottrinali dell’industrializzazione intollerabile percorsa dall’Occidente? Quali le alternative? Tentiamo di analizzare il problema secondo la nostra ottica ricorrente, la spiritualità.
Cerchiamo di capire quali dottrine abbiano alterato e compromesso il nostro normale rapporto con la natura sino al punto da renderlo così precario. Una delle anomalie, forse poco evidente, ma non per questo meno importante, è stata la propaganda sistematica plurisecolare dell’intolleranza religiosa repressiva nei confronti della libertà di pensiero; il rifiuto di riconoscere che le verità religiose e quelle scientifiche, in ultima analisi, coincidono sempre e che le credenze dogmatiche sono solo retaggi culturali di un’antichità senza più storia né tempo.
I sistemi religiosi occidentali hanno sempre considerato l’uomo spiritualmente al di sopra del suo ambiente, in una posizione di diritto dominante, giungendo persino a sostenere che l’uomo è stato collocato da Dio sulla terra per custodirla e coltivarla. Tesi o prospettive ammissibili solo in una società preindustrializzata nella quale l’intervento umano è ancora molto ridotto.
Il sistema di governo della società, concepito e realizzato con la complicità di talune istituzioni religiose, si è basato sul controllo dell’egocentrismo individuale con l’arcinoto sistema di credenze, rituali, doveri e costumi che hanno imposto agli individui di sacrificare se stessi per la collettività. Due esempi. Il controllo preventivo delle nascite è stato, per molto tempo, decisamente contrastato, mentre il circolo vizioso del consumismo ad oltranza, al contrario, molto ben tollerato.
Alcune tra queste tristi organizzazioni religiose si sono arrogate il diritto di legiferare moralmente secondo criteri profondamente irrazionali. Facendo supporre, o dichiarandolo apertamente, di rappresentare la divinità sulla terra e quindi, attribuendosi infallibilità ed unicità di giudizio, di essere soggetti estremamente autorevoli. Ma il rapporto con la divinità non può essere mediato da nessuno. Tale attinenza è di natura discreta, personale. Come se non bastasse l’infelice presunzione d’intercedere tra Dio e gli umani, ecco la babele degli scismi religiosi, ispirati innanzitutto da interessi secolari, a creare confusione, “distinguo” teologici e divisioni sociali. Al di là dei ben noti, ma inevitabili e farseschi periodici ripensamenti o pentimenti, quali sono stati i frutti di cotanta lungimiranza ultraterrena?
Basta guardarsi attorno per sincerarsi delle manipolazioni e manomissioni degeneranti e quasi irreparabili realizzate dalla polimorfa, iridescente e vivace congerie di apostoli divulgatori, dispensatori di verità preconcette, sull’ambiente in cui viviamo. In che senso? Noi siamo anche il nostro habitat: un background culturale, economico ed ecologico. Ebbene, sono state proprio le idee di predominio assoluto dell’uomo sulla natura, il rifiuto di programmare l’adattamento, l’integrazione e la sincronizzazione dei ritmi e delle rispettive esigenze di espansione e rigenerazione, a produrre, in primo luogo, gli attuali e drammatici rovinosi risultati. Oramai è assurdo delegare il destino del pianeta alla provvidenziale pianificazione di una intelligenza superiore. Ciascuno deve dare il meglio di se, costruire prima di protestare o rinunciare, adoperando tutta la propria creatività, che per sua stessa natura è divina.
I rimedi? Correre ai ripari, ovviamente: dissociarsi di fatto da ogni tipo di manomissione della natura tentando di valutare meglio le belle, quanto retoriche e ingannevoli risoluzioni, i melliflui propositi o le generiche frasi ad effetto pronunciate da vetusti, antichi ed incommensurabili pulpiti. Rifiutare subito le idee irrazionali, che in ambito religioso equivalgono ai machiavellici egoismi economici in campo sociopolitico. Riflettere su quella masnada di falsi profeti che hanno imperversato per secoli condizionando idealmente un numero incredibile di persone realmente buone e sincere, procrastinando indefinitamente le loro legittime aspirazioni di giustizia e benessere con assurde promesse illusorie di castigo o felicità oltremondana. Tale metodo, cioè lo stimolo dell’immaginazione per favorire una fuga psicologica dalla realtà, non è stato affatto un innocente esercizio consolatorio. Ha causato soggezione, dipendenza, rassegnazione. D’altra parte è facile riconoscere i falsi profeti: sono tutti coloro che predicano affermazioni irrazionali.
Nessuna propaganda ideologica potrà mai essere anche religiosa, ma solo mero proselitismo finalizzato alla divulgazione di convincimenti soggettivi e opinioni dogmatiche. Tali teorie, che non sono remote “rivelazioni”, ma il frutto di reiterate alterazioni di antichi insegnamenti spirituali, sostengono una concezione della vita fondata su presupposti tutt’altro che universali, bensì parziali e limitati nel tempo, soggettivi.
Il rispetto strategico e intelligente per la natura, che è noi stessi e non altro da noi, non può più esser procrastinato. Noi non siamo affatto isole distanti e separate, ma intimamente interdipendenti gli uni dagli altri e dalla vita, tanto nelle sue espressioni più volitive ed energiche, quanto nel silenzio delle plaghe desertiche.
Il controllo repressivo dei sentimenti egocentrici si è rivelato un bluff, un’immensa parodia ipocrita. Al contrario, la creazione di condizioni tali da favorire la comprensione e il successivo superamento dell’egotismo sosterrà un altruismo spontaneo. Tuttavia non bisogna credere che la comprensione della propria natura superficiale sia un fenomeno istintivo. Essa necessita, dapprincipio, di una notevole autodisciplina il cui esercizio è essenziale nei rapporti di convivenza civile. L’amore per il prossimo, la compassione per tutte le creature viventi dovranno divenire anche e soprattutto devozione per la natura.
Durante il recente vertice Onu sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg (Settembre 2002) il premier sudafricano Thabo Mbeki ha parlato apertamente e a ragion veduta di apartheid globale, di una “società globale” che si basa sulla “povertà di molti e la prosperità di pochi”, di “isole di benessere” circondate da “un mare di povertà”. E’ vero, ma lo stato di precarietà ambientale conseguente all’utilizzo caotico delle risorse energetiche colpirà tutti, le collettività più opulente come le popolazioni più povere.
Alcuni tra gli interventi più urgenti per cautelarsi da eventuali peggioramenti dell’equilibrio ambientale complessivo sono i seguenti: riduzione decisiva delle emissioni di ossidi di carbonio nell’atmosfera per scongiurare un aumento dell’effetto serra; salvaguardia delle foreste e creazione di nuovi ecoparchi; contenimento della sovrappopolazione; uso sapiente delle risorse idriche, ittiche ed alimentari; difesa della biodiversità. Bisognerà cambiare, altresì, il modo di produrre energia: dai combustibili fossili al “solare” o al nucleare innovativo di VI generazione che dà luogo a quantità molto minori di scorie radioattive residue.
Per concludere, mi sembra interessante citare Gene Kan, giovane e geniale americano, uno dei primi programmatori a produrre una versione open source dell’applicazione di scambio files Gnutella, deceduto, all’età di 25 anni il 29 maggio u.s. (2002). Amava scrivere haiku, le minuscole composizioni poetiche tradizionali del sol levante. Il 30 Maggio del 2001 creò la seguente:
Lo stile di vita americano:
comprare, consumare e poi buttare via.
Liquidare la Terra”.
L’idea espressa nella poesia è bella, ma mi sembra un po’ ingenerosa ed eccessiva. L’America è il paese dai molteplici consumi, è vero, ma anche dalle cospicue risorse scientifiche e dalle tante sorprese …
L’articolo risale al 2003. Grazie per la cortese attenzione.