I metodi della propaganda religiosa non sono affatto dissimili da quella pubblicitaria. Tuttavia l’apostolato ecclesiale non si limita ad informare, ma favorisce l’emotività della fede cieca e irriflessiva. La incoraggia per il semplice motivo che pone innanzitutto l’accento sulla necessità di credere prim’ancora che sull’opportunità di discernere. I malcapitati involontari “clienti” di questo genere d’assurda promotion, non riescono più a distinguere lo storico dal mitico e diventano proseliti di un condizionamento che annovera persino illustri militanti. Il benessere della società odierna, ovviamente senz’altro perfettibile, è tale solo per i progressi di scienza – quella vera, ma non la parodia sediziosa di recente in auge asservita a vili interessi finanziari –, coscienza e conoscenza, osteggiate da sempre proprio da coloro che intenderebbero salvarci. Ma che dovremmo rifuggire, se non la nostra stessa servile ignoranza?
Propagandare la fede, specialmente quando si adottano escamotage martellanti come i metodi in uso, è una pratica molto discutibile. Qui non stiamo questionando sull’esistenza di Dio. Come mai le grandi religioni monoteiste sono state, da sempre, così conflittuali? Le religioni che si fondano su verità rivelate propendono, senza sosta, all’intransigenza e all’ostinazione, come al settarismo. Il fatto di sentirsi custodi di verità assolute da inculcare agli altri per la salvezza della loro anima riflette un atteggiamento egoico che non ha nulla di spirituale sino al punto di negare quel medesimo concetto di Dio che con tanto affanno s’impegnano a diffondere, che così tenacemente si sforzano di propagandare.