Qualche decennio fa, durante una scaramuccia sul più bello dei pianetini del sistema di classe pre-astrale che i nativi chiamano solare, m’imbattei nell’archetipo di una Dea. Strano che anche qui, ai confini dei campi di coscienza, fioriscano degli esseri cotanto insoliti. La differenza effettiva con la loro matrice originaria sta nel fatto che non ne sono consapevoli. Purtroppo non solo non sono ancora edotti dei vertici dello spirito da cui discendono e con cui sono pur sempre interconnessi, ma subiscono, per qualche atroce dimenticanza, le medesime peripezie degli ominidi con cui condividono l’attuale rappresentazione in itinere.
Ebbene, chiedo venia se talvolta ho la tendenza a divagare un po’ troppo. Mi ritrovai così attratto dal suo magnifico splendore che mi risolsi di accompagnarla per sempre. Noi angeli, quando assumiamo una decisione, la rispettiamo fino in fondo. Sicché scelsi di conoscerla meglio per valutare la possibilità d’indirizzarla, in qualche modo, dalla via dell’«eterno ritorno» a quella della «presenza eterna», dell’adesso sempre e comunque, in termini più espliciti, della meditazione. Sì, giacché nonostante l’essenza di noi angeli sia fondamentalmente puro pensiero, tendiamo sempre, ahimè, a intrufolarci nelle vite altrui per evitare che soffrano senza che ce ne sia davvero bisogno. Ma bando alle ciance, ecco la storia.
“Dea” era una ragazza così sensibile da emozionarsi, spesso, per un nonnulla. E non è che lo lasciasse vedere. No, dal suo viso – sembra quasi impossibile – non traspariva affatto. Tuttavia l’interiorità fremeva e l’energia, invece di fluire liberamente, creava vortici egodistònici che le causavano veri e propri disturbi fisici. Ad esempio, il ritmo del suo cuore eterico si inanellava per un nonnulla … e così via … Il mio compito, a questo punto, era d’indicare all’energia la via più consona per completare il suo circolo senza creare ostacoli artificiosi. Quando siffatte correnti subliminali rimangono in sospeso si crea un vero e proprio sconquasso: dubbi, incertezze, insoddisfazione, senso d’incompletezza, così gravi che si cerca di colmare quelle lacune con svariati succedanei, emotivi, chimici e quant’altro. Sennonché ripristinare l’equilibrio di questa sorta di riflesso della ruota cosmica non è affatto uno scherzo …
Rammenta, le dissi in un soffio di pensiero, l’energia deve ritornare dentro, all’origine, esattamente donde zampilla. Se rimane sospesa lungo il tragitto eterico che va da te a te stessa, ritrovandosi quindi intrappolata in uno o più ingorghi periferici, percepirai un vero e proprio marasma. Innanzitutto sii fluida. Non fissarti mai su alcunché. In secondo luogo, rilassati … Rilassamento significa attingere all’acqua cheta della propria incontaminata interiorità. Tuttavia, quando si accenna a questa sorta di fantasmagorico mistero che è l’interiorità si richiamano mille e uno concetti perlopiù avulsi dal suo significato concreto.
L’interiorità è, di fatto, il pozzo senza fondo in cui, metaforicamente, si discende quando gli appigli – le identificazioni esistenziali – vengono, seppur per brevi frangenti, abbandonati. Sinonimi di questo processo sono, altresì: lasciare andare, mollare la presa, vivere l’adesso, il presente … Ciò nondimeno, discendere o arroccarsi nel proprio pozzo di luce sempiterna è, per molti, più emblematico e concreto di qualunque altra descrizione. Bene, per oggi mi sono spinto parecchio. Sarò un angelo o, se preferisci, l’essenza della pura-mente, ma non posso comunque esagerare. Con affetto, a presto.