La luce del sole era così ridondante che il nuovo mattino aveva già tutte le credenziali per dimostrarsi come una delle giornate di ricerca più fruttuose mai apparse. Sì, perché la luce di quello strano pianetino detto Terra – da non confondere con la luminosità intrinseca dei suoi fortunati, ma eccentrici abitanti – era l’indice di qualità del suo prana.
Tuttavia ben pochi sanno che il prana di un pianeta di classe fisica non è altro che l’energia astrale che i sub-portali della sua stella madre riescono a trasferire e quindi effondere nelle sue splendide vicinanze. Tant’è che i viaggiatori provenienti dall’iperspazio restano letteralmente senza fiato – affascinati – allo scorgere dello straordinario globo terracqueo che ai loro occhi appare soprattutto verde-azzurro. E forse proprio così apparve alle prime rane zen quando, svariati millenni fa, decisero di stabilirvisi. Ovviamente, con il senno di poi, fu un errore. Erano state tratte in inganno dalle sue potenzialità più estrinseche, ma senza tener conto dell’estrema riottosità di talune tra le sue proscimmie indigene.
Ora, non voglio star qui a rifare la storia antropologica del suddetto pianeta. Basti pensare che in un lontano passato era stato altresì visitato da un’insulsa genia di vili demoni che purtroppo avevano lasciato alcune tracce nel DNA della classe di umanoidi che ora primeggia. Pochi residui, ma che disgraziatamente ne inficiano ancora le qualità complessive. A tal proposito non posso non citare il lavoro di uno dei nostri più antichi maestri che riuscì a comprendere il modo in cui questa benedetta classe di neo-primati si sarebbe potuta emancipare. Il tutto prendendo spunto dalla favorevole, quanto intensa e copiosa concentrazione del suo prana.
A questo punto dovrei dare alcune brevi spiegazioni. Un attimo. Ora mi corre l’obbligo di fermarmi. In genere sono – come dire – più succinta, meno prolissa.
– “Scegli sempre l’espressione positiva”, sottolineò con un sorriso il maestro quando lesse il mio spiccio, modesto racconto.
Quindi – rettificai –: “in genere sono più succinta”. Saluti affettuosi dalla dolcissima e, almeno per ora, imprescindibile rana. [segue]