Sai com’è definita spesso la meditazione? Perloméno “dagli addetti ai lavori”, ossia quei soggetti più adusi alle giravolte dello spirito, alle capriole dell’animo. La meditazione è indicata – con un’allegoria piuttosto esplicita – come una piccola resa. Va bene, ma a chi o a cosa ci si arrende? Alle pulsioni primeve, le più recondite? All’ego che reclama un nostro ulteriore coinvolgimento? Alle più oscure e tetre profondità dell’universo che paventa, timoroso, che una nuova ennesima luce filtri tra le pieghe del tempo? No, ovviamente no, ci si arrende a “ciò che è” – così com’è – lo splendore della realtà inerente; della vita celata che campeggia al di qua di ogni effimero; alla visione immediata, istantanea, degli immensi paesaggi di gioia che si rivelano quando la propria percezione non è più speculare, bensì diretta; non più filtrata dal pensiero o mediata dalla mente che distorce di tutto pur di sopravvivere … a se stessa.
Una piccola resa
A volte hai bisogno di una piccola resa – meditativa –
per riuscire a combattere poi
un’ulteriore e più proficua battaglia.
Non è una débâcle,
ma un temporaneo ripiego
che consente al tuo spirito
un riposo strategico
– di rilassarsi in se stesso –
per consentire all’indomita calma
di serrare le fila dell’amore
per tutti e nessuno e riemergere
e attendere che la voce silente
del nuovo, impetuoso, introverso uragano
taccia e si dilegui
quieta come le ombre della sera
rapite di soppiatto
da un’inverosimile e affascinante
incantevole luna.