La meditazione ci aiuta a entrare in contatto con la coscienza universale, che alcuni maestri hanno chiamato ‘l’Uno’. Ci aiuta a vedere l’unità di tutte le cose. E, quando cominciamo a percepire quell’unità, cominciamo a sentire il bisogno di rendere la vita migliore per gli altri esseri umani, per gli animali e per la terra. (Kristin Kaoveri Weber)
Quante sono le persone che nel corso della storia – quella sinora conosciuta – hanno pensato o creduto o sperato – implorando, pregando, supplicando – di entrare in contatto con la cosiddetta Coscienza Universale? Siffatti adoratori del bene furono e sono senz’altro innumerevoli. Vi sembro esagerato? In caso contrario considerate – in linea di massima – i Templi di tutte le religioni. Soffermatevi sull’atteggiamento prevalente delle miriadi di presumibili fedeli che li frequentano: chiedono e a volte, piuttosto di rado, ringraziano. La stragrande maggioranza di essi si rivolge comunque all’esterno.
Tuttavia quel raccoglimento apre anche la porta dell’interiorità. Un percorso che coincide – malgrado le proprie fantasmagoriche illusioni – con una sorta di portale unico e comune a ciascun essere senziente. Una via maestra che permette di assurgere virtualmente a una sorta – peraltro onnipresente e onnipervadente – di Coscienza Universale. Da non confondere con la consapevolezza del proprio se o non-se, ma un luminosissimo stato energetico di quiete, riposo e relax.
Quando – durante la meditazione – riusciamo a percepire la sua energia, quella vitalità ci accompagnerà dovunque, perfino durante il sonno. Esseri umani, animali e vegetali, tutto ciò che vive diventa dunque così vicino e compartecipe da suscitare una vera ed equilibrata compassione. Un sentimento in ogni caso ben diverso dalla mera pietà di colui che getta ai bisognosi le miserabili briciole della cosiddetta elemosina. È – per l’appunto – quel puro stato di Coscienza o Consapevolezza Universale (Turiya) – senza peccare di arroganza e rimanendo sempre coi piedi per terra – la nostra massima aspirazione.