Una breve premessa. Credi che la composizione della società odierna sia così diversa da quella che la precedette nei secoli scorsi? No, sia la ciurma della nave che i passeggeri sono sempre gli stessi. Non v’è nulla di cosmopolita. L’afflato che anima l’élite politica è ancora un dirigismo di maniera ben poco democratico. Qualche smartphone e un po’ di migranti – in prevalenza economici – imposti forzosamente col risultato di destabilizzare la plurisecolare società autoctona, non ci rendono affatto più aperti. Solo le coscienze potrebbero globalizzarsi, ma quelle sono narcotizzate a dovere. Non per nulla l’accettazione indiscriminata è una delle parole chiavi più cruciali per descrivere l’attuale declino – identitario – collettivo. Altro che consapevolezza, qui siamo stati ipnotizzati di essere già liberi. Le linee guida dell’offensiva di matrice globalista sono state: “accetta il tuo prossimo (anche se ti deprime culturalmente); sii compassionevole verso chiunque (soprattutto se diverso); ama incondizionatamente (innanzitutto i nuovi venuti). E chi, di fatto, ha costruito nel tempo e con immani sacrifici questa stessa società? Relegato nel più assurdo e oscuro dimenticatoio.
Dietro le nubi
Così saremmo come un vascello? L’entourage, il gruppo, cui ciascuno partecipa e di cui ne condivide interessi, gioie e dolori è – in concreto – piuttosto ristretto, limitato. La propaganda che la società sia globalizzata è piuttosto un’impressione mediatica e non un dato effettivo. E il mondo vero? Non quello patinato dei rotocalchi, dei tg e così via. Di là, sterminato, pressoché indefinibile, per certi versi astratto. E con ciò? Cos’è che vuoi comunicarmi? E’ vitale? Quanti quesiti! In realtà attendo che la nube passi. Mi ha investito d’improvviso. Dopodiché non mi rimane che pazientare, che i ruoli s’invertano, che io mi rilassi e il mondo prosegua, come peraltro è sua consuetudine. Fine dell’ episodio, ma se ne riapre subito un altro.
C’è gente che soffre. Sono amici e non hanno un lavoro. Fischiettano, metaforicamente. Dimostrano indifferenza. Il sistema – partorito dal partitismo imperante – li ha esclusi. Ci avevano creduto e da pseudo-eroi di una società che fabbrica perdenti prim’ancora di dargli i natali ne sono divenuti vittime. Falcidiati sui bordi di una strada che non c’è, di un futuro che non avranno mai.
Gliel’ho detto di punto in bianco, senza preamboli. Sollevati, reagisci. E credo che lo farà. Prima di uscire mi ha confessato: dietro le nubi vedo un sole nero. Non so che intendesse. L’ombra di me stesso che sbirciava dietro le quinte mi ha tranquillizzato. Nulla di catastrofico, ma ora che gli ennesimi pifferai hanno miseramente fallito, ne vedremo delle belle.
Dietro le quinte
In Italia di cosmopolita ci sono solo l’indigenza e la precarietà endogena, quella indotta dai comportamenti dissennati della florida classe politica tradizionale e ora, come se non bastasse, la miseria forzosamente importata. E il bello che, pur d’indorare quest’ultima mefitica pillola, hanno fatto di tutto, hanno intrapreso le più inverosimili offensive di propaganda mediatica. All’inizio si sono richiamati ai più elementari principi di soccorso compassionevole. Poi, quando non sono più riusciti a giustificare la miriade di nerboruti soggetti, quasi tutti uomini, senza un centesimo, ma corredati di annessi telematici (smartphone e cuffiette), li hanno spacciati per l’imprescindibile sostegno economico delle future generazioni di pensionati italiani. Ma tralasciando, tuttavia, che se l’andazzo economico rimarrà lo stesso, un certo tipo di pensioni non saranno mai più erogate. Quindi, i bellimbusti politici nostrani, si sono richiamati all’inevitabile rispetto delle leggi di accoglienza internazionale. Senonché, resisi conto che una loro possibile di riconferma elettorale diveniva viepiù improbabile, hanno rallentato il flusso con sottaciuti intrighi internazionali. E suppongo che tutto ciò sia solo la punta dell’iceberg, se non altro perché sotto gli occhi di tutti. Figuriamoci cosa c’è dietro le quinte.
Epilogo
Autore, che c’entra con la meditazione? Non lo so, oggi il mio animus hai incontrato la mia anima e ne è uscito ciò che hai letto, ma rimediamo subito.
L’escamotage mefitico adoperato per neutralizzarti sta nel fatto che la tua energia è indotta a rivolgersi sempre di più all’esterno, verso la periferia dell’essere. Invece di affrontare il vuoto interiore lo si ricolma di una sequela di concetti metaforici, di succedanei metafisici quali un’idea “antropomorfa” di Dio e innumerevoli correlati di supporto. La ricetta tradizionale è, più o meno, la seguente: fermati e convergi verso l’interiorità; rinuncia – temporanemente – ai costrutti mentali; accetta te stesso; il tuo vero prossimo è soprattutto il tuo intimo; ciò che ti sembra vuoto è, in realtà, stracolmo di energia, dalle il tempo di manifestarsi.