“Da quanto tempo non medito?”, si chiese la rana zen. “Da quando mi è venuta la felice idea di programmare, convinta che un po’ d’ordine mi avrebbe risolto la vita. A conti fatti, nulla di più sciocco e forse persino irrilevante.”
Dopodiché la rana montò sulla sua fiammante psico-vettura per recarsi al rendez-vous periodico con i suoi migliori sogni lucidi. Il suo meta-mondo d’origine, popolato da straordinari maestri, enigmatici gatti, nonché una poliedrica moltitudine di ossequiosi discepoli del Buddha senza-nome, traboccava di desideri inespressi, di vecchie speranze disattese, ma sostanzialmente vi regnava un clima di grande fiducia.
Un attimo, non vorrei che nascessero equivoci. Credete che la rana zen andasse a dormire? O, peggio, che immaginasse tutto? No, la diletta – è così che la chiamavano in molti – era di fatto una semi-anima mal-capitata qui, sulla terra, per un imperdonabile errore di calcolo di uno degli addetti alle scansioni storiche. Il meta-mondo delle rane Zen – il non-luogo da cui proveniva – era quanto di più sorprendente si potesse immaginare. Ma suppongo che avremo modo di conoscerlo meglio. Per ora ci basti sapere che si tratta, paradossalmente, di una pseudo-realtà parallela. La rana, che riusciva ad attingere intuitivamente a una miriade d’informazioni alternative, si trovava in una posizione privilegiata.
“Da quanto tempo non medito?”, si chiese ancora la rana. Sìcché, invece d’inventarsi l’ennesima scusa, chiuse gli occhi e senza preamboli mollò di punto in bianco la presa su tutto ciò che le veniva inopinatamente incontro. Mollò tutto, persino se stessa e, ovviamente, ogni sorta di paura, di malcelato timore. Ripiombò nel meta-mondo all’origine. Redarguì l’addetto alle scansioni storiche che l’aveva scaraventata sulla terra qualche tempo prima dell’ennesimo riassetto periodico del suo sistema cosiddetto solare. Infine si risvegliò, più vitale che mai, per la gioia di tutti noi che l’attendiamo sempre come la più recente panacea di questa strana cultura trasformista.