“Cos’è Dio?”, chiese la rana zen al suo esimio maestro. La rana si sentiva alquanto desolata. Dopo anni e anni di assidua frequentazione dell’antico Tempio percepiva ancora una fitta nebulosa di dubbi. Gli enigmi la circondavano a ogni piè sospinto e non riusciva più a dar nulla per scontato. Aveva la netta sensazione di reiterare le sue giornate senza un vero scopo. Non sapeva più cosa anelasse, cosa cercare.
Certo, alle piccole esigenze quotidiane dedicava tutto il suo impegno. Idem con la sua presumibile ricerca spirituale, con la meditazione, quella seduta o camminata, con il lavoro consapevole, ossia conscia di cosa stesse facendo. Beh, di tanto in tanto repentini barlumi di se stessa, cioè di quel che era – e quindi di cosa potesse divenire – le guizzavano intorno. Ma temeva che tutto ciò fosse dovuto all’attrito mentale a cui, in effetti, si stava sottoponendo. E non da giorni, ma da anni.
“Credete che sia naturale contemplare artificiosamente la propria postura dinanzi un muro asettico? Oppure, come mi accade spesso nonostante la mia predisposizione mentale nei confronti dello scibile terrestre, pregare L’antico Dio delle rane d’indicarmi una svolta per superare il groviglio dei dubbi?”, rifletté pressoché contrita.
Il maestro, che dall’alto della sua pochezza la osservava sornione, senz’attendere ch’esaurisse il suo peraltro inarrestabile oceanico flusso di pensieri, l’apostrofò asettico: “Vedo che finalmente hai fatto dei progressi. Non hai chiesto chi è Dio, ma cosa è Dio. Ti darò una traccia che, tuttavia, non è la verità. Sia chiaro, non è la verità. Dio è la tua interiorità più profonda che, in quanto tale, è interconnessa con il resto dell’esistenza. Dio è, dunque, la vetta della tua stessa energia. Quanto più ti elevi, tanto più gli sei vicino. Ciò non toglie che tutto ciò sia solo mera teoria”.
Il cielo si schiarì la voce. Le nubi le donarono un po’ del loro amore. Il gatto sì rifugiò all’interno del Tempio preoccupato solo di non bagnarsi.