Questo non è un astruso componimento poetico, ma il vento umido che lambisce… I chiostri di meditazione sparsi un po’ dovunque nel regio giardino delle antiche rane zen? No, le articolazioni inferiori del Venerabile del Tempio senza nome che tuttavia sgambetta come un atleta provetto dedito a un po’ di tutto fuorché all’insegnamento. Già, che ci facevano cotanti condiscepoli se non procrastinare riti e usanze ormai desuete? Lo chiesi, decisa e senza tanti preamboli al primo saggio che riuscii ad agguantare.
I maestri di quel Tempio erano sfuggenti come anguille, nessuno che si degnasse di dedicarti il benché minimo ascolto. O, perlomeno, era ciò che deducevo dall’atteggiamento sornione che non si davano pena nemmeno di dissimulare.
“Meditiamo”, rispose l’anonimo.
Dal diario segreto della rana zen
Mentre ti sembra che sia tutto pacifico
piove dall’alto una meteora, quasi un fendente,
una sorta di saetta a ciel sereno
che illumina tutto ciò ch’era in penombra.
Bene, … e con ciò? Cosa credevi
che la vita fosse tutta un cinguettio?
Mentre sei lì ad ammirare il bello
ti piomba addosso un nugolo d’imprevisti
tali da far ricredere finanche il meno scettico
sulle vere intenzioni di chi quasi sproloquia
sul buono, il giusto, il sano o sull’amore.
Già, che supponevi, che fossi tutto circondato
d’anime candide e pie propense al meglio?
Macchè, finché sei ancora qui – spero per tanto –,
su questa Terra avulsa e un po’ caotica,
rammenta che la via per eccellenza
è un tortuoso sentiero di montagna.
Dopodiché stai all’erta e senza attenderti
– nulla che Dio… o non Dio, fa un po’ come ti pare…
o il sacro Buddha che svetta tra gli autoctoni
arci-convinti di non esser più
mai scimmie né tantomeno ominidi,
una stirpe emancipata –
nulla che Dio non voglia.
Qui l’unica genia evoluta è il gruppo stanziale delle “rane”.
Comprendi, chiese a se stessa la rana zen, il perché ci hanno meschinamente ridotte a misere merci di scambio?
Rammenta, figliola, proruppe – in risposta – il ricordo del serafico venerabile, ogni volta che la vedeva mogia mogia o un po’ depressa: chiunque valuti gli esseri sulla base di ciò che producono non è per nulla migliore di un rettile.
Così era scritto, cotanto lessi, sul diario della più amabile delle rane che il più umile tra gli sguardi oltremondani, eterei o divini avesse mai potuto scorgere.