Chi scrisse la prima poesia doveva essere uno che stava proprio male. Provò sollievo e proseguì a oltranza. Ciascun verso una goccia di rugiada. Ovvio che il primo tizio lo facesse solo per sé stesso, ma a lungo andare, dagli oggi, dagli domani e così via, quell’insieme orchestrato sul nulla e cadenzato dall’invisibile si trasformò in una sorta di panacea universale. Leggere una poesia è come ascoltare la musica delle alte sfere celesti? Forse, ma senza che alcun suono permanga. Le strofe sono la traccia, le linee dell’ineludibile. Va bene, ho giocato con le parole e non pretendo che tutto ciò serva a qualcosa se non a riempire altre vecchie pagine di storia che come nasce è già dimenticata.
Nei più remoti angoli
Fiumi di sillabe
che solcano l’etere
per comporsi e ricomporsi
in un immenso profluvio di pensieri
che imperversano finanche
nei più remoti angoli
del tuo essere.
Ma verrà il giorno in cui
li lascerai cadere
per ritrovarti …
– solo con te stesso? –
in un immenso ri-brillio
di amorevole stelle pulsanti.