Rammenti il cardine intorno a cui ruotano la maggior parte degli approcci meditativi? La consapevolezza del tuo presente, ciò che sei, qui e ora, l’eternità in un istante? Bene, ma in pratica, cosa implica? Che il passato sia da rigettare tout court, mentre il il futuro – in quanto riproposizione sotto mentite spoglie di quel medesimo passato – sia altresì da ignorare? Sono perplesso …
… E ridagli col passato che ritorna pedissequo. Attento, perché non fai che riviverlo. Prima crei le condizioni affinché si ripeta, quindi ti ci invischi come se nulla fosse, dopodiché ti lamenti. E il presente? Non pensare al presente. Il presente è proprio questo. Se sei sveglio eccolo, è qui! Non confondere l’esortazione a viverlo appieno, l’invito alla presenza di spirito e, di conseguenza, l’atteggiamento equanime che da ciò scaturisce con il pragmatismo che la realtà quotidiana richiede. A tal proposito, ti piaccia o meno, conta solo il futuro. Tanto più che quanto stai per realizzare non è una mera speranza, è proprio quel che sei già … è luce, intensissima, sempreché straordinaria, chiara, chiarissima luce …
Oddio quante chiacchiere! Ma dove conducono? Donde emergono? A che pro formularle, enunciarle? Dall’improvviso volo di quello splendido gabbiano che sonnecchia cullato dalla brezza che l’investe … Ma è lui che si muove o è il mondo che gli viene incontro? Già, son io che scrivo o sono invece le parole che piovono a rinfrescar copiose questo bizzarro angolo di vita? Dove siete struggenti illusioni che avete alimentato il mio – come quello di chiunque altro – il nostro passato? Una per una in fila a celebrar le corde di un violino antico, pensieri luminosi, ma oramai un po’ stanchi che lasceranno il passo all’aquila reale di un futuro che si prospetta come la sola festa che rimane. L’unica certezza che si può estrapolare da questa esigua frazione di universo è che prim’ancora di centellinare gli accadimenti, che poi diventano sensazioni e che, infine, si trasformano in pensieri, è quanto mai utile rammentarne l’Origine.