Cosa c’è sotto la cenere, dietro il comportamento mellifluo e amichevole di svariati tra i nostri interlocutori? Cosa c’è dietro la patina di benevolenza con cui, in genere, veniamo trattati? Che si cela dietro le apparenze zuccherose e compiacenti che si frappongono, in guisa d’interfaccia, in determinati rapporti sociali? Il secondo strato, quello relativamente più inconscio e che di rado viene esplorato pullula – in questi casi – di braci, pure braci. Ovviamente non bisogna confondere siffatto sostrato con l’interiorità più profonda e ancestrale che corrisponde, in pratica, alla cosiddetta supercoscienza. Ciò che sta in alto è come ciò che è in basso, ciò nondimeno accettare la realtà è molto dura. Chi mai vorrebbe riconoscere i fatti per ciò che sono senza ammantare i peculiari comportamenti con un aureola di buonismo e tolleranza che, purtroppo, non hanno?
Questi volteggi d’idee e consapevolezza sono davvero inusuali. Alla radio sto ascoltando un concerto. I ritmi sono coinvolgenti. Ascoltare, prestare attenzione, mi sembra la cosa più naturale del mondo. Altrettanto dovremmo fare nei riguardi delle persone. Perché non cogliere il lato più sensibile di ciascuno e assecondarlo per favorire la sublimazione e il trascendimento del proprio senso dell’io? Intanto il piccolo io, quello che si barcamena, scende a compromessi, ma evita, accuratamente, di osservarsi allo specchio, preferisce recitare all’infinito i più disparati ruoli e non fermarsi mai per la paura d’immergersi o risalire, ascendere. Eppure, una ventina di minuti di sana introspezione quotidiana riuscirebbero a ricostruire il proprio collegamento ideale con l’infinito.
L’insegnamento principale del mio primo maestro, uno Yogi che conobbi in India e frequentai qualche mese, era: “Osserva il tuo io”. Ora, non ci speculo su, non ne ho voglia, sarebbe superfluo. Ebbene, lo feci davvero, l’osservai? A quei tempi ero convinto di non avere più un Ego, di averlo superato. Una vera sciocchezza. Poi, più in là, mi resi conto, mi persuasi che era stato proprio quell’ego a dedurlo, a indottrinarmi, a farmi sentire speciale. Quindi credetti di averlo messo definitivamente da parte. Ma ora vedo che si trattava solo di retaggi moraleggianti.
Ego è tutto ciò ch’esiste. Perfino ciò che immaginiamo della divinità non è altro che una sorta di superio. La vera differenza, il punto di svolta oltre cui il piombo dell’incoscienza trasmuta è la consapevolezza. La consapevolezza è come una luce che non proietta più ombre. Osservi in toto, a 360°. L’io resta io, ma non avrà più lati oscuri, o nel migliore dei casi, in penombra. Diverrà, esso medesimo, una banale, quanto straodinaria, sorgente di luce.