“Cosa credi, che per risolvere i tuoi problemi esistenziali ed elevarti al di là della contingenza, che per centrare le più alte vette dello spirito, sia sufficiente respirare consapevolmente? E poi, come mai l’aspettativa gioca un ruolo così determinante? E’ un bel che dire, qualunque ipotesi formuli lascia il tempo che trova. Tuttavia …”, così disse, seppure in sintesi, il mio caro maestro, quel frizzante mattino di fine estate.
La natura era ben più che vivace e si opponeva, senza che me ne rendessi conto, al mio sottile desiderio d’isolarmi. “Il Budda non voglia – pensai – che io finisca come quegli strani monaci erranti che vagano come sciami di villaggio in villaggio a curare e aiutare chicchessia, premurosi, ma nel contempo paurosamente distaccati, immensamente estranei. O sono io che mi sento avulso dal contesto?”
Il venerabile mi osservò sorridente. Credo che mi leggesse nel profondo. Oppure no. La verità è che non v’è nulla da scrutare. Le nostre reazioni emotive sono così prevedibili che se hai conosciuto davvero un essere senziente di classe umanoide, ebbene li hai compresi tutti.
Gli astanti sembravano tutti passivi. La loro consueta loquacità si era data alla fuga. Nessuno che annuisse. Nemmeno la più piccola smorfia. Meditavano? Non l’ho ancora scoperto. Una minuscola farfallina bianca mi sfiorò con le ali. “Oggi concentrati sul non-pensiero – mi suggerì l’illustre vegliardo – dopodiché spazza, da cima a fondo, l’intero Tempio … e quando ti fermi ritorna al respiro. Non stai inseguendo i fiori dell’impossibile. Stai solo addestrando la mente”, concluse.