“Le vie sono molteplici, questo è arcinoto. La meta è una, altrettanto risaputo. Bene, ma come mai, maestro, lei afferma che via e meta, di fatto, coincidono sempre?”, chiesi al mio severo insegnante di meditazione.
Il mattino non era tra i migliori. L’aria era così satura di umidità e il cielo così plumbeo che chiunque si sarebbe sentito un po’ depresso o, perlomeno, poco propenso al sorriso, ai rapporti cordiali, alle novità. Eppure, di novità, quel dì ce n’erano a iosa. Una piccola comitiva di turisti religiosi aveva chiesto di sostare qualche giorno e tra essi due graziose fanciulle i cui sorrisi mi trafissero riportandomi, senza preamboli, alla nuda realtà. Mi ero illuso di condurre una vita ascetica e invece stavo lì, quasi confuso, senza compiti specifici, mentre gli altri residenti, in mille faccende affaccendati, sembravano già così sicuri dei loro ruoli da suscitarmi un costante senso d’inferiorità.
Il maestro mi scrutò compiaciuto. forse la mia osservazione l’aveva colto di sorpresa. “Figliolo, se ti limiti ai dettagli rimarrai sempre invischiato in questo e in quello. Di tanto in tanto sorvola, abbraccia l’insieme. Abbandona il sentiero e focalizza il giardino. Cura i dettagli, ma solo per trascenderli. Perché la verità si cela tanto nelle minuzie, quanto nei massimi sistemi. Allora via e meta diverranno tutt’uno.”
Mi chinai in segno di ringraziamento. Poi presi alla lettera i suoi suggerimenti.