Il risultato del karma non può essere conosciuto dal pensiero e perciò non dovrebbe essere oggetto di speculazioni. Pensando e ripensando, si giunge alla distrazione e all’angoscia. Perciò, Ananda, non erigerti a giudice degli altri, non fare congetture sugli altri. Intrattenendo giudizi sugli altri una persona distrugge se stessa. (Buddha, Anguttura Nikaya)
Quesito
Sono una buddhista, ma spesso mi trovo in serie difficoltà dinnanzi a persone o amici disabili. Secondo voi è davvero giusto affermare che soffrono per via delle loro azioni nelle vite passate? Come si possono dire certe cose ad un vostro amico sulla sedia a rotelle? – Stai pagando per quello che hai commesso nelle vite passate! – E’ cosi brutto amici, non credete?
Risposta
Carissima, ai tuoi amici potresti rispondere che karma non significa affatto soffrire o avvantaggiarsi per i comportamenti delle vite precedenti. Sarebbe assurdo, ridicolo. Spiegato in questo modo non è altro che un “pettegolezzo new age da buddha bar”. Karma, semmai, significa ereditare il livello di consapevolezza che si è raggiunto nelle vite passate.
Ciò che si reincarna – è solo un’ipotesi – sono i semi delle tendenze, la propria consapevolezza. Non si tratta di un’anima che interagisce, ovvero di una presenza, ma di un’assenza, un punto di discontinuità del continuum pluridimensionale.
Con tutto il rispetto per l’apprezzabilissimo, stimolante e utilissimo intervento, ma il tuo è un punto di vista che non nasce dall’osservazione della realtà per ciò che è, bensì deriva da una qualche dottrina. Senza rendertene conto tu interpreti la quotidianità secondo canoni precostituiti.