La felicità, insegna Jiddu Krishnamurti, non si trova negli oggetti che ci circondano, né tanto meno nelle idee in cui crediamo. Tutto ciò con cui siamo supinamente o scientemente identificati, a lungo andare, non può che arrecarci sofferenza. Per taluni maestri, semmai, è l’identificazione stessa, che cagiona una sorta di strisciante e persistente inconsapevolezza, a creare tanti disagi. Per affrontare con successo l’impermanenza – che ci attende imperterrita dietro l’ennesimo angolo del sentiero – è indispensabile principiare e perseverare nell’osservazione oggettiva di se stessi, delle proprie idiosincrasie, dei pensieri più reconditi sino a cominciare a esplorare, con la dovuta cautela, l’alveo subliminale, quindi a meditare in silenzio sino a cogliere, infine, gli umilissimi fiori della gioia. Evidenziamo infine che la felicità, secondo il nostro benemerito quanto amato maestro Jiddu Krishnamurti, non è necessariamente all’origine, ma si trova soprattutto lungo la via. […]
«Noi speriamo di trovare la felicità nelle cose, nelle nostre relazioni, nei concerti e nelle idee. Così sono le cose, le relazioni, le idee che acquistano grande importanza e la felicità passa in secondo piano. Quando ci serviamo di un mezzo qualsiasi per cercare la felicità, questo mezzo diventa molto più importante della felicità stessa. Messo in questi termini, il problema sembra semplice ed è semplice. Noi crediamo che la proprietà, la famiglia, un nome possano darci la felicità; così la proprietà, la famiglia, le idee assumono un enorme valore, diventano i mezzi con i quali inseguiamo la felicità, ma i mezzi distruggono il fine. Esiste un mezzo qualsiasi, costruito dalla mano o dalla mente umana, che ci consenta di trovare la felicità? È talmente ovvio che le cose, le relazioni, le idee sono impermanenti e quindi non potranno mai darci la felicità… Le cose sono impermanenti, si consumano, si perdono; le relazioni generano un attrito costante e la morte e sempre in attesa. Le idee e le opinioni non hanno stabilità, non sono permanenti e noi non ci rendiamo conto che non potranno mai renderci felici. Così il dolore ci accompagna ininterrottamente e il nostro problema diventa come fare a trascenderlo.
Per scoprire il vero significato della felicità dobbiamo esplorare il fiume dell’autoconoscenza. La conoscenza di sé non è un fine in se stessa. Che cos’è la sorgente di un corso d’acqua? Ogni goccia d’acqua che lo alimenta dal principio alla fine concorre a formare il fiume. Credere che troveremo la felicità alla sorgente è uno sbaglio. Dovete scoprire la felicità li dove siete, nel fiume della conoscenza di voi stessi.»
[ Da: Jiddu Krishnamurti, “Il libro della vita. Meditazioni quotidiane“ ]
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– Krishnamurti (macrolibrarsi)
– Jiddu Krishnamurti – Wikipedia
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