Meditare a occhi aperti può essere per molti senz’altro una novità. Innanzitutto bisognerebbe chiedersi: chi è che guarda davvero? Esiste un pensatore che osserva sia ciò che accade all’esterno, quanto le reazioni mentali che l’ambaradan fisico suscita? Sarà bene rintracciarlo subito e, senza tentennamenti di sorta, osservarne altresì le movenze più recondite. Allorché interno ed esterno, psiche e cerchia delle circostanze occasionali non appaiono più in reciproco contrasto e ogni dicotomia scompare – quindi l’universo degli eventi metafisici collassa – ogni dualismo svanisce ed ecco dunque … la meditazione … ma leggiamo, direttamente, Alan Wallace.
«Nella meditazione (l’autore si riferisce in particolare alla “pratica di stabilizzare la mente nel suo stato naturale” – ndr), è importante che gli occhi rimangano aperti, e che lo sguardo, non diretto in nessun modo, si posi sullo spazio di fronte a voi. Se non avete mai meditato con gli occhi aperti potreste sentirvi in disagio, tuttavia vi esorto ad abituarvi. Battete le palpebre con la frequenza che desiderate e non sottoponete gli occhi ad alcuna tensione, ma sentiteli rilassati come durante un sogno diurno ad occhi aperti. Se si lasciano gli occhi aperti mentre si concentra l’attenzione sugli eventi mentali, comincia a dissolversi la barriera artificiale fra ‘interiore’ ed ‘esteriore’. Specie nella nostra società materialistica, ci siamo abituati all’idea che i pensieri e tutti gli altri eventi mentali siano situati nella testa, ipotesi che però non è mai stata dimostrata scientificamente. Tutto ciò che sappiamo a questo proposito è che gli eventi mentali sono correlati con eventi neurali, ma ciò non significa necessariamente che siano posizionati nella stessa area.
Anche prescindendo dall’assunto materialistico che la mente rappresenti solo una funzione del cervello, abbiamo per natura l’impressione di guardare il mondo da dietro i nostri occhi; ma la sensazione di un soggetto indipendente, un io, all’interno della nostra testa è un’illusione. Una simile credenza non ha basi scientifiche, ed esaminandola con una rigorosa indagine contemplativa non riusciremo mai a scovare dentro la nostra testa questo presunto pensatore e osservatore autonomo. Nella pratica in oggetto, il fatto di lasciare gli occhi aperti, rivolgendo però l’attenzione alla mente, comincia a erodere la demarcazione fra interno ed esterno che è solo il frutto di una sovrapposizione concettuale. Iniziamo così a renderci conto che i pensieri non si manifestano né nella nostra testa né nello spazio che ci circonda. Questa pratica mette in discussione l’esistenza di uno spazio assolutamente oggettivo esperito dai sensi fisici e del tutto separato dallo spazio soggettivo della mente. Quello che ora state percorrendo è proprio il sentiero che porta a comprendere il significato della non dualità.»
[ Da: Alan Wallace, “La rivoluzione dell’attenzione. Liberare il potere della mente concentrata” ]
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