Di necessità virtù. Jean-Jacques si era alienato nel suo smartphone. Potremmo dire che la vita gli si fosse ristretta. Confinato, sin dal primo mattino, in quel benedettissimo aggeggio leggeva, ammirava e viveva tra news, messaggi e amici virtuali. Beh, nonostante l’inveterata passione non era poi così sciocco. Puntuale come un orologio svizzero – chissà se esistono ancora – celebrava l’immancabile rito del jogging. Solo che la sua identificazione pseudo-tecnologica era oramai così spinta che anche qui si faceva dirigere dall’immancabile app che scandiva passi, ritmi e, forse, persino pensieri.
Quella sorta di routine informatica si era trasformata viepiù in una specie di droga. Meglio così, direte, che quei maledetti veleni reali che affliggono, sempre più invadenti, una pletora d’innocenti malcapitati. Ne convengo, ma prima di formulare un giudizio lasciate che vi racconti dell’altro. A mezzo mattino, dopo un breve esercizio di rilassamento guidato, come sempre dal suadente, ma nel contempo discreto, schermo pulsante, Jean-Jacques si dedicava, o perlomeno così credeva, allo spirito. Via dunque con la meditazione.
Sopraffatto dal neo-Buddha tecnologico ne ricalcava i vaghi, impalpabili passi nel silenzio di un tête-à-tête eterico così suadente da non lasciar più spazio al benché minimo fraintendimento. Che bello, direte, uno di noi che inseguiva l’unità col semplice ausilio del proprio all-in-one semi-tascabile! La via di Jean-Jacques sembrava pressoché tracciata. E la mèta?
Il nostro amico procedeva furtivo. L’incedere, scandito dal trantran elettronico lo condusse nella sala dei passi perduti. Dovunque vada, qualunque cosa faccia, ritroverai te stesso sempre e solo nel Tempio, tuo, l’interiore. Ok, ma per quanto mi avvicini mi avvedo, sempre più, di non esserci, rifletté. Sennonché caso e sorte schierati in suo aiuto all’unisono vollero che s’imbattesse in una sua antica fiamma di scuola. Una ragazza dimessa, senza lavoro, chiaramente demoralizzata. Senza pensarci su la prese per mano … il suo smartphone vibrò. Presentiva, il furbetto, di aver perso l’ultimo seguace.