Parafrasando il preziosissimo Fedro. Chi ha mai detto che i lupi sian tutti grigi? Rom, uno di quei poveri piccoli malcapitati innocenti in via d’estinzione, così rari e sparuti che oramai si trovano solo nelle favole, ne incontrò uno marrone. Un lupo così astuto da riuscire a dissimulare appieno le già mediocri peculiarità con cui si era fin lì contraddistinto, sia tra la singolar magione dei suoi famelici accoliti, che negli ambienti più precari del pianeta bosco pagano.
Come da routine, il lupo marrone accusava il minuscolo e indifeso agnello d’insudiciargli l’acqua presso cui era solito abbeverarsi a volontà senza che il piccolo fosse stato nemmeno presente.
Si sa, la casta dei lupi si adonta facilmente per i soprusi che immagina di ricevere, per le angherie e le prevaricazioni che sostiene di dover sopportare. A prestargli davvero ascolto sembrerebbe sempre che i suoi bramosi adepti stian per perire d’inenarrabili stenti, oppure terminare sotto la scure del giustizialista di turno. In realtà son solo degli scaltri, inveterati crapuloni.
I lupi predicano: che volete che sia qualche rara occasionale restrizione, trastullarsi a lungo non fa mica bene, vorreste metter gli agi d’un vero campo per gitani doc, all’incertezza di un’insulsa baraccopoli?
Ad onor del vero, sostengono i gregari del lupo, si tratta solo della loro medesima prosperità, i Rom del futuro cresceranno meglio.
Ovviamente dissento, i nuovi campi non verranno a luce! Eppure sarebbe stato sufficiente espugnar quell’anarchia ristabilendo la liceità che non conviene e invece … Che accadde?
Si trovò a transitar da quei paraggi un tizio, persona ben adusa a incongruenze analoghe, che si sentì così dispiaciuto da non poter trattenersi dal dichiarare: chi umilia uno di questi piccoli …, è meglio per lui che gli si metta una macina d’asino al collo.
Già, non vorremmo proprio trovarci nella striminzita pelle dell’ingorda belva. Tuttavia dobbiamo chieder venia per un banale, ma imperdonabile equivoco: il soggetto in questione non era un lupo, bensì un bieco e gretto asino marrone.
Commento
Nel racconto non ci sono riferimenti specifici. Si tratta, per lo più, del tratteggio in prosa, satira e in parte rima d’una invereconda vicenda contemporanea. La tristezza è compagna inseparabile di cotanta ignominia. Il degrado dell’ambiente sociale in questione è palese. Ma il suo recupero non coincide mai, tranne che nella prassi scabrosa dei regimi più infidi, con la bonifica del territorio. Ciò che bisogna migliorare sono soprattutto le coscienze. Il metodo è l’istruzione …