“A che serve meditare, trascrivere versi su versi che poi diventano poesie o circa, o quasi, o nulla; riportare gli insegnamenti del maestro del mio maestro sotto forma di racconti, riflessioni che tracciano percorsi ideali o descrivono i passi successivi – i passi che dopo i passi – potrebbero servire da bussola per orientarsi nel labirinto mentale che la società con le sue contorte regole ha contribuito a creare?
Povertà, segregazione, discriminazione sono, di fatto, gli abietti metodi coercitivi adoperati per mantenere un ordine gerarchico sociale fondato sull’economia e, di recente, ancor più sulla finanza. A che serve meditare se poi ti ammali o i tuoi cari soffrono dei tuoi stessi acciacchi se non d’infermità persino peggiori? A che serve meditare se non puoi minimamente risolvere questi piccoli grandi problemi su te stesso e poi sui più?
E’ forse una fuga? O ti alieni per dimenticare, per addolcire la pillola e mandar giù gli inevitabili veleni che la mala-scienza ti propina, tuo malgrado, per lenire la sofferenza che cotante vicissitudini comportano? A che serve meditare se poi sei inerte e attonita dinanzi la coscienza tremebonda che barcolla giàcché non vuol lasciarsi irretire dalle promesse che il lestofante di turno ti propina via etere o via cavo, dappertutto?
Bene, ora che mi sono sfogata a modo mio gli occhi si chiudon da sé, la sofferenza si dilegua, la miseria di chiunque è quasi un sogno. Sì, ma la clava … sì, quella mi sovviene comunque! Per quanto tergiversi verrà il giorno in cui dovremo adoperarla per ristabilire l’amore che or ora sembra essersi quasi eclissato. Sarà una clave eterica con cui l’occhio dispenserà lezioni di bon ton ai famigerati imbonitori che imperversano …”, disse la rana zen dall’alto dello splendido macigno che sorgeva nell’antico stagno dei loti blu e dalle foglie d’oro che le faceva da scanno per le sue fantastiche prediche all’estasiato popolo di astanti un po’ commossi …
Poi piovve luce che, tuttavia, era solo polvere di stelle che dall’universo astrale dei sogni e dei bisogni si pregiava di esaudire le silenti preghiere di salvezza che una santa quanto anonima volontà si gloriava con gioia di concedere.
Il maestro lesse, chiuse gli occhi e poi disse: mi sento meglio!