Raccontare davvero una vita, sia la propria che quella di chiunque altro è pressoché impossibile. Per quanti particolari si possano descrivere, con quanta accuratezza si possa procedere, i ritratti, i profili, saranno sempre approssimativi. Ciò che in genere si riporta sono le impressioni, le sensazioni, gli accadimenti superficiali, ma per quel che concerne le circostanze più intime, interiori, è quasi utopico. Credi davvero di conoscere i tuoi congiunti, gli amici, i compagni di viaggio, il tuo prossimo? Ciò che sai è – in effetti – solo quel che pensi di loro. Volente o nolente, gli attribuisci, purtroppo, le tue sensazioni, le tue medesime percezioni. La vita è strana … vero? Più che una performance è soprattutto una rappresentazione, una sorta di commedia.
Al nostro attuale livello di evoluzione psicofisica la vita che ci raccontiamo è ancora una farsa. Vedi – ad esempio – le più svariate biografie religiose, sia occidentali che orientali. Tuttavia esiste un modo per bypassare questi limiti impliciti. Ed è l’esserne edotti, consapevoli. Teniamo ben presente che – ora come ora – questo nostro mondo è di fatto una curiosa messinscena le cui cronache sono – però – quanto di più formale si possa immaginare. La nostra vita interiore non corre di pari passo con quella mondana. Non c’è ancora unità, ma una discrasia che impedisce alla natura umana di affermarsi ed esprimersi in quanto tale, ossia espressione d’amore e non di brutale competizione.
La farsa
Il sorriso predisposto all’occorrenza,
tra le labbra che descrivono l’istante,
il suo aspetto soddisfatto, ma perplesso
strizza l’occhio a un obiettivo che già sfugge.
Poi contempli quel pensiero ridondante,
la tua vita come via senza rimedio.
Ciò che resta sta lì dietro che si cela
al riparo di un sipario che non c’è.