Lo ammetto, mi piace giocare con le parole. Qui, infatti, frapponendo un trattino – un trait-d’union – tra “con” e “centrarsi”, riconosco implicitamente che il cosiddetto centramento, ossia la consapevolezza del proprio sè o non-sè – da una parte –, e una maggiore concentrazione mentale – dall’altra –, potrebbero procedere di pari passo. Chi parla di via del Tao o dello Yoga se non del Tantra, indica solo il primo gradino di una scala che poi nemmeno esiste.
Forse dipende dal fatto che ho un approccio essenziale, ma gli addobbi esteriori sono per gli esteti del superfluo. Tentare di calmare la mente – ad esempio – con escamotage rituali è sempre tempo perso, alla fin fine non resta nulla.
Ciò che cerchiamo è, soprattutto, il duraturo, quel che permane quando scenografie e profumi si dissolvono. D’altra parte dipendere da uno specifico contesto, come per l’appunto da un mantra o una serie di preghiere o qualche incenso è tanto ipnotico quanto dispersivo. Chi cerca l’albero della consapevolezza deve prima sfrondare l’albero dei sogni.
Anni fa, in questo stesso sito, scrissi che per meditare sarebbe stato sufficiente smettere di sognare a occhi aperti, d’immaginare volontariamente. Ora mi sembra il caso di ribadirlo. Se vuoi con-centrarti devi, innanzitutto, smettere di disperdere le tue energie. Lo so che è banale, ma hai provato? Come d’abitudine non invento nulla, mi rifaccio sempre alle tradizioni.