La vera arte è un prodotto creativo. Il poeta, il pittore che si strugge abbandona temporaneamente il mondo delle forme, delle idee, per trarre ispirazione nel silenzio, in cui intuisce barlumi di verità, che poi traduce nei linguaggi ad egli più consoni.
Quindi quella sofferenza da cui sembra scaturire l’opera d’arte è, in effetti, l’atto sicuramente doloroso di trascendere la transitorietà della contingenza. Cioè il tentativo di superare i propri attaccamenti per gettare uno sguardo fugace sull’inconoscibile.
Tuttavia non chiamerei angoscia quella del poeta, ma intensità della passione. Le pennellate di Van Gogh, ad esempio, sono il suo modo straordinario di percepire i colori.
Gli artisti sono spesso disadattati perché vivono tra due mondi. Quello ordinario e il mondo spirituale. Mondi, ossia aspetti o qualità della psiche che non sono necessariamente separati. Diciamo che l’energia degli artisti ha dei picchi cui seguono inevitabilmente oscure valli di tragica desolazione. Quindi la miglior soluzione mi sembra la “via di mezzo”, l’equilibrio. D’altra parte la vera arte è si tensione tra gli opposti, ma che poi genera equilibrio, armonia. Vediamo, Picasso artista? Si, se si ammette ch’era pure un po’ irrequieto …
Con ciò ho solo accennato. Sviluppare sarebbe troppo impegnativo. Spero, comunque, di essere riuscito ad offrirvi qualche ulteriore spunto su cui riflettere.