Già, cos’è che mi manca? C’è chi risponderà, la salute. E’ un bene inalienabile e al di là di qualunque valore. Poi, forse, qualcheduno dirà, il buonumore. Seguirà, dappresso, il lavoro. E così via. Siffatto – pur breve – elenco sembrerebbe completo, ma non basta, non è sufficiente. C’è un quid che non si può estrapolare dal contesto. In realtà non ha forma né nome, ma non per questo può dirsi aleatorio. Di primo acchito si potrebbe indicare come una sensazione di vera e propria completezza.
Okay, ma non ci siamo ancora. Se hai una donna o un uomo, dipende, con cui chiudere il circolo emotivo, potresti sentirti completo-a. Se ami l’efficienza, ebbene una resistenza erculea, se non una pervicacia indomita, potrebbero sembrarti il massimo. Se hai lo spirito di un esteta, la cura dei particolari potrebbe esaltarti sino a sfiorare il tuo cielo interiore, la stella più intima. Se adori e quindi insegui, come peraltro chiunque, la sicurezza, la realizzazione sociale, allora una buona professione, remunerata e sicura, ti farà sentire più socievole, forse anche persino compassionevole. Tuttavia… non vi sarà mai nulla di più gratificante del sentirti sufficiente a te stesso. Nulla ti turberà, tanto meno il fato o le circostanze più avverse. Sentirsi “spiritualmente” sufficienti a se stessi è il lieto e felicissimo epilogo di qualunque meditazione.
Ora il circolo vizioso è chiuso. Il piombo si è trasmutato in oro. L’energia Kundalini è ascesa definitivamente. I petali del fior di loto che ti offre l’opportunità di accedere, metaforicamente, al tuo mondo astrale si sono dischiusi. Il vero amore è ridisceso e ogni cosa sembra ribrilli di luce propria. Ma in realtà è cambiato solo il percipiente. Colui che ha realizzato il suo yoga, l’unione individuale con il nulla-tutto che permea ogni aspetto della realtà.