Meditazione e rilassamento sono quasi sinonimi. Non v’è meditazione senza rilassamento. Il che non significa necessariamente abbandonarsi, adagiarsi, distendersi, isolarsi, estraniarsi, … Si può correre e ritrovarsi in un leggero stato meditativo. Una situazione in cui il film della realtà si sviluppa – per il momento indipendente dalla propria volontà – e che si osserva da spettatori, relativamente coinvolti, ma sostanzialmente equanimi e obiettivi.
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Nome del mittente: Giorgio
Soggetto: rilassamento e meditazione
Quesito
Vorrei un chiarimento su una questione che nessuno riesce a spiegarmi. Sono mesi che tento di rilassarmi, ma dopo un primo momento di piacevole abbandono non ho mai la sensazione di ricarica d’energia. Anzi, a volte la stanchezza aumenta e si trasforma in una sonnolenza invincibile. Crollo dal sonno.
Ho anche iniziato la classica anapanasati. Anche qui dopo un po’ crollo dalla stanchezza e dal sonno. Non forzo mai la concentrazione, tant’è che mi rilasso fin troppo.
So che c’è distinzione tra samatha e vipassana, e per adesso il mio anapanasati vuol essere modestamente un principio di samatha. Ma qui non riesco proprio a capire.
Il rilassamento e la meditazione sono due cose diverse o sono la stessa cosa? O meglio, il rilassamento e samatha. Nel rilassamento io lascio vagare la mente, in una sorta di consapevolezza diffusa sul corpo, sulla mente, lasciandomi catturare da ciò che di volta in volta s’impone alla mia attenzione: sensazioni, pensieri. In samatha invece mi concentro con pazienza sul respiro.
In entrambi i casi non ottengo risultati. Mi chiedo:
1) il rilassamento come lo pratico io è giusto? E’ assenza di ogni tipo di sforzo? E’ qualcosa che piove dal cielo senza che tu possa farci nulla?
Se è così, pace. Ma io ne dubito, e più tempo passa più credo che sia la concentrazione la chiave del rilassamento. Ci sono persone che evidentemente hanno naturalmente una concentrazione maggiore, ed è per questo che riescono a distendersi senza sforzo. Ma ciò non toglie che esista una tecnica per rilassarsi, che il rilassamento può essere faticosamente conquistato (è una fatica di pazienza, di tempo, come la samatha, non uno sforzo volitivo).
2) una persona come me che non trova ristoro nel rilassamento spontaneo, può con anapanasati lentamente purificare la mente per arrivare un giorno anche al rilassamento spontaneo? Insomma, le persone refrattarie al rilassamento spontaneo (vedi training autogeno) possono applicarsi in una tecnica per raggiungere un giorno quel rilassamento?
Il T. A. insiste sul fatto che il rilassamento non può essere ottenuto con nessun atto volitivo, tensione, sforzo. Il T. A. insiste su questo programma cerebrale di destressamento originario, su queste sensazioni originarie che niente e nessuno può causare. Si deve solo “non fare”, attendere. Ma se non succede niente?
Anche la meditazione parla di pace naturale della mente. Ma la differenza è che ritiene possibile ripulire questa pepita sporca piano piano, col tempo, la pazienza, insomma con uno sforzo deliberato.
Che devo fare? Che mi consigli? Continuo a “non fare”, ad attendere, o è meglio concentrarmi in anapanasati?
Il mio cruccio è se il rilassamento porta alla concentrazione, o se è la concentrazione che porta al rilassamento. Chi dei due viene prima?
Grazie mille. Scusa questo fiume di parole. Giorgio.
Risposta
Ciao Giorgio, scusa il ritardo con cui ti rispondo. Stavo per replicare quesito per quesito quando mi sono accorto che è meglio discutere subito delle soluzioni che tentare di teorizzare ulteriormente. Non che questa sia una regola generale. Riguardo ciò che attiene la meditazione non vi sono ricette vere e proprie. Quindi, se aggiungessi ulteriori specificazioni alle tue già dotte conoscenze, ben lungi dal chiarirti alcunché, correrei il rischio di procurarti ancora più dubbi.
Il formidabile sconcerto dinanzi cui ti ritrovi sceverando le teorie o i vari approcci meditativi indica, tuttavia che hai cominciato a comprendere come il pensiero che disserta tenti, in realtà, di procrastinare se stesso, di autoalimentare la sua inesauribile autonomia. Sennonché la mente è proprio ciò che si deve rasserenare. E’ esattamente questo ciò che si dovrebbe intendere come rilassamento. La mente che molla la presa, che smette, temporaneamente, di etichettare, desiderare sempre, reinterpretare tutto senza attenersi alla straordinaria semplicità di ciò che è. La vera concentrazione discende innanzitutto da questo genere di rilassamento. L’energia non nasce dal nulla, ma deriva dalla qualità della propria attenzione. Quanto più si è totali, tanto più si ha la sensazione di attingere ad un universo di consapevolezza che dona soprattutto tranquillità.
In termini più concreti, mi riferisco in particolar modo alle difficoltà dei principianti. Esercizi come l’osservazione del flusso naturale del respiro sono già, di per sé, forme di concentrazione. O, per lo meno, non si può negare che respirare consapevolmente non sia una sorta d’applicazione dell’attenzione che esige, almeno inizialmente, un po’ di perseveranza. Camminare o correre in scioltezza e senza distrarsi, aderenti al proprio impegno, è anch’essa una specie di concentrazione. Ma quando ti fermi, non appena il tuo mondo – interiore o esteriore che sia – rallenta, allorquando la tua frenetica mente smette di congetturare, cessa di ripensare al passo precedente o anticipare quello successivo, subentra la distensione. Sennonché quando c’è calma è ovvio che subentri spontaneamente una qualità dell’attenzione più consona, ovverosia una concentrazione naturale ancora maggiore.
Il suggerimento pratico, mi attengo ovviamente alla tradizione. Pratica la meditazione camminata. A suo tempo mi applicai scrupolosamente, ma mi resi conto che per il mio temperamento era preferibile seguire tragitti estemporanei. Tale è il percorso della meditazione, una stupefacente via della creatività.
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Nome del mittente: Fernanda
Soggetto: informazione
Quesito
Salve, da qualche anno mi sono avvicinata alla pratica del theta e del reiki per motivi di salute. Queste tecniche non mi hanno guarito, ma migliorato i sintomi, per cui proseguirò a farle.
Quello che volevo sapere – a cui nessuno ha mai saputo rispondermi – è come mai praticando lo yoga ottengo un effetto contrario. Ciò mi fa innervosire e diventare aggressiva. Volevo provare a farlo per trovare un aiuto ad entrare nella meditazione in maniera ancora più profonda, ma dopo neanche un quarto d’ora di lezione spaccherei tutto. Ho bisogno di “rilassare e scaricare” e non di riattivare eventuali tensioni.
Forse ci sono vari tipi di yoga? Con lo Shiatsu mi sentivo benissimo. Cosa non funziona in me? Grazie. Cordiali saluti. Fernanda.
Risposta
Gent.ma Fernanda, in te va tutto bene, ovviamente, ci mancherebbe, non avere questi dubbi. Anzi, il fatto che tu rifletta, ponderi e valuti autonomamente ciò che ti fa star meglio o risulti più utile è senz’altro un primo passo positivo.
Forse le difficoltà che hai incontrato con lo Yoga dipendono dal tipo di esercizi. Esistono approcci d’ogni genere. Sta a te provare, trovare, … nella spiritualità non ci sono formule predefinite. Dipende dalle circostanze, dalle persone e persino dal momento. Senza contare che i veri frangenti di silenzio, di calma, ci colgono proprio quando si è mollata la pratica, diciamo l’intenzionalità meditativa, e ci si lascia cullare sull’onda della spontaneità, della consapevolezza. Naturalmente non significa che non si debba far nulla, che non ci si debba concentrare, applicare, ecc., ma è indispensabile rammentare che esistono dei ritmi, una ciclicità intrinseca, una successione di umori, stati d’animo.
La meditazione non è, come si tende a far credere, una tecnica progressiva. Una volta mi chiedevo: come procedere … devo cogliere i nessi, le relazioni, o accettare la realtà di ciò che è, qui e ora, così com’è? Poi compresi che non bisogna confidare eccessivamente nei metodi, bensì soprattutto sulle risorse interiori. Donde nasce la calma? Cercane l’origine e ivi troverai il tuo tesoro. Ma nel frattempo procedi, cammina consapevolmente, esperisci, letteralmente, giacché al di là d’ogni apparenza, la sostanza di cui è fatta la vita rimarrà comunque la gioia.